Tra miseria ed epidemia, quale futuro?
La temuta ondata Covid d’autunno è arrivata e crescono i timori per la tenuta del sistema sanitario ma anche, e forse ancora di più, per le conseguenze che una nuova contrazione può provocare su un’economia già in grosse difficoltà. La crisi provocata dal Coronavirus ha prodotto in Italia il più imponente aumento del rapporto fra debito e Pil nell’Eurozona. Secondo i calcoli del Governo Conte, a fine anno il debito sarà a 2.470,3 miliardi, cioè 194 miliardi sopra lo stock del 2019. E a fine 2023 l’aumento rispetto allo scorso anno sarà di 503 miliardi.
È questo l’effetto combinato di caduta dell’economia e impennata dell’indebitamento netto che fa registrare in Italia l’aumento record del debito/Pil da Covid, cioè dell’indicatore più importante per misurare le prospettive dei conti pubblici. Il +23,4 che separa il 134,6% di fine 2019 dal 158% indicato per quest’anno supera di poco (un decimale) l’aumento (+23,3) della Spagna (che comunque porta il debito spagnolo al 118,8%). La risalita del debito è intensa anche in Grecia (+20,8) e Francia (+19,4). La Germania indica un +11,4.
I 100 miliardi che hanno dato risorse ai tre decreti anticrisi di marzo, maggio e agosto sono uno dei motori del grosso debito italiano. Il resto arriva dalla caduta delle entrate, che si fermano a ben 56,2 miliardi sotto i livelli del 2019.
Per evitare che il valore assoluto del debito diventi un problema troppo serio da gestire occorre la crescita, ma per la crescita servono le imprese ed il lavoro.
Imprese e lavoro che hanno bisogno di imprenditori che possono operare in tempi certi e con regole serie oltre che sicure con un nuovo approccio al lavoro ed alle imprese da parte del settore pubblico. Insomma servono servizi e una burocrazia intelligente e non ottusa che lasci spazio e fiato alle opportunità che nascono e resistono anche in questa fase di grande sofferenza per tutta la comunità.
Il 2020 (“an bisest an …” come “il Melo” aveva titolato il numero dello scorso gennaio) tra un po’ finalmente sarà alle spalle con tutti i guai che ci ha portato ma con la stagione fredda gli interrogativi aumentano per il 2021, l’anno (forse) del vaccino ma non per tutti e chissà quando! Intanto continua il martellamento quotidiano su TV, giornali e Social sull’andamento della pandemia e cresce di conseguo la preoccupazione che rischia di sfociare in paura o addirittura nel terrore sul futuro. Ma è proprio così? Rispetto alla prima ondata, ospedali e medici adesso sono più esperti ed efficaci sulle cure e lo dimostra il numero dei ricoveri nelle terapie intensive e anche i decessi registrano numeri nemmeno paragonabili, finora, con la primavera scorsa.
Preoccupa invece il congelamento delle cure e il rinvio delle terapie per le tante altre malattie che non sono sparite come parrebbe dai bollettini sanitari che parlano solo di Covid.
E allarma la sorte di quanti, non tutelati e garantiti da uno stipendio fisso o da una pensione, devono guadagnarsi giorno per giorno la sopravvivenza della loro famiglia con il lavoro. E non sono pochi!
Questo non significa abbassare la guardia perché la curva può sempre crescere mettendo a rischio le persone più fragili. Piuttosto serve a far capire che basterebbe poco a contenere l’epidemia se tutti si attenessero scrupolosamente alla precauzioni ed ai comportamenti consigliati (ed ora anche imposti) dalle autorità sanitarie.