L’assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni
Il dovere dei genitori a mantenere i figli ha il suo fondamento nella Carta Costituzionale. Ed infatti, il primo comma dell’art. 30 Cost. prevede che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”. Tale previsione trova poi specificazione nel codice civile, ove all’art. 147 c.c. è previsto che “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”, e all’art. 315 bis c.c. primo comma, viene affermato che “il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”.
In virtù di tali disposizioni ambedue i genitori, in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo, sono quindi tenuti, tra le altre cose, a mantenere i figli, dando loro quanto necessario a vivere dignitosamente e mettendoli nelle condizioni di esprimere le loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.
Sul punto è bene osservare come l’obbligo dei genitori a mantenere la prole non cessi automaticamente col raggiungimento della maggiore età dei figli, essendo invece necessario a tal fine che questi raggiungano una loro indipendenza economica. Pertanto, ove ne ricorrano i presupposti, l’assegno di mantenimento potrà essere previsto anche in presenza di figli maggiorenni. Il Giudice, infatti, nel statuire in materia, dovrà avere come primario punto di riferimento l’interesse della prole, essendo chiamato a tutelare anche la posizione dei figli maggiorenni che non abbiano ancora raggiunto l’indipendenza economica. Eventuali accordi in materia intervenuti tra i genitori non saranno vincolanti per il Giudice, dovendo quest’ultimo individuare le misure più opportune al fine di tutelare il primario interesse dei figli.
Sul punto il legislatore, all’art. 337 septies c.c., ha previsto che “il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto”.
Pertanto, il Giudice non solo può prevedere un assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni, ma può anche disporre che il medesimo venga versato direttamente nelle mani di questi ultimi.
Nel determinare l’entità dell’assegno che il genitore sarà tenuto a versare in favore della prole, il Giudice dovrà prendere in considerazione vari fattori: il tenore di vita goduto dai figli in costanza di convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza della prole presso ciascuno dei genitori, le risorse economiche di questi ultimi, le esigenze attuali dei figli. Ed infatti, è orientamento consolidato in giurisprudenza quello per cui l’entità della somma che il genitore è chiamato a versare in favore dei figli può variare in considerazione del trascorrere del tempo e delle mutate esigenze della prole.
Ma anche l’eventuale attività lavorativa svolta dai figli può incidere sull’importo che il genitore è tenuto a versare in loro favore. Il Giudice, infatti, nel statuire sul punto, dovrà considerare anche i corrispettivi ricevuti dai figli per l’attività lavorativa dagli stessi eventualmente svolta.
è bene peraltro osservare come l’obbligo del genitore al mantenimento dei figli non sia destinato a protrarsi all’infinito nel tempo, cessando con il raggiungimentoell’autosufficienza economica della prole, ossia della capacità di quest’ultima di provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita. Sul punto è bene però specificare che ai fini del raggiungimento di tale indipendenza non è sufficiente che i figli abbiano instaurato un qualsivoglia rapporto di lavoro, ma sarà necessario dimostrare che l’impiego trovato sia connotato da una certa stabilità, e tale da garantire loro un reddito idoneo a renderli autosufficienti dal punto di vista economico.
Affinché venga dichiarata la cessazione dell’obbligo a versare l’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne è quindi necessario che quest’ultimo consegua un impiego in grado di garantirgli un reddito corrispondente alla sua professionalità, un’adeguata collocazione sociale, ed un’appropriata rispondenza alle sue attitudini ed aspirazioni.
In ogni caso il figlio non potrà farsi mantenere all’infinito. La giurisprudenza è infatti costante nell’affermare la cessazione di un tale obbligo nelle ipotesi in cui il mancato raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte del figlio trovi causa in un comportamento negligente di quest’ultimo, o dipenda da un fatto a lui imputabile. Pertanto l’obbligo a versare un assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne verrà meno ove questi sia stato messo concretamente nelle condizioni di raggiungere una propria autonomia economica, ma abbia opposto un ingiustificato rifiuto alle opportunità di lavoro offertegli, o si sia reso responsabile di una colpevole inerzia.
Una volta che è stata dichiarata la cessazione dell’obbligo al versamento di un assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne, lo stesso non potrà più rivivere. Ed infatti, con riferimento a tale fattispecie, la giurisprudenza ha in più occasioni affermato che in presenza di circostanze sopravvenute, tali da rendere il figlio momentaneamente privo di sostentamento economico, l’obbligo a corrispondere un assegno di mantenimento in favore di quest’ultimo non potrà risorgere, potendo tutt’al più configurarsi, in capo ai genitori, un obbligo alimentare di più modesta entità.