DISORDINE O CAMBIAMENTO?

DISORDINE O CAMBIAMENTO?
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Negli ultimi due mesi abbiamo assistito ad una confusione generale unita ad una sadica voglia di complicare le cose. Questo è quanto si percepisce giornalmente dal comportamento di politici, istituzioni e media, che provocano un disorientamento della popolazione.

Effettivamente, a livello globale sono in corso numerosi mutamenti a livello geopolitico, economico e finanziario, frutto dell’evoluzione dei singoli Paesi nell’ultimo ventennio.

Per comprenderli, è però necessario togliere lo sguardo dalla confusione iniziale del processo e concentrarsi sull’obiettivo finale. Un po’ come quando si accumulano tanti oggetti in una stanza e si arriva al punto in cui la si deve riordinare. All’inizio si spostano tutti gli oggetti e sembra di aver peggiorato la situazione, ma poi, uno alla volta, si posizionano tutti al posto giusto e si ricrea l’ordine.

Innanzitutto, bisogna ricordare che nelle ultime due decadi sono nate due nuove potenze: Cina e India. Nel 2025 il loro PIL è previsto rispettivamente pari a 19,5 e 4,3 mila miliardi di dollari. Quindi la Cina sarà il secondo Paese al mondo dopo gli USA (30,3 mila miliardi di dollari) e l’India il 5° (terza la Germania e quarto il Giappone). Nel 2000 il PIL della Cina era di 1,2 mila miliardi di dollari, è cresciuto di oltre 16 volte da allora. Anche la Russia è ripartita dopo la crisi degli anni ’90, così come i Paesi Arabi e il Medio Oriente vogliono tutti far sentire la loro presenza. Nella sostanza, abbiamo diversi Paesi che ambiscono a prendersi riconoscimenti e spazio in un mondo fino ad oggi dominato dagli Stati Uniti. Questo scontro si sta combattendo su tre campi: economico/finanziario, tecnologico e militare, vediamoli brevemente.

In ambito militare, gli Stati Uniti stanno abbandonando la pretesa di controllare il mondo nella sua interezza perché costa troppo e forse iniziano a non riuscirci più. Pare stia diventando meglio negoziare, che fare guerre. Storicamente, il dominio USA è stato permesso principalmente da una flotta di 10 navi portaerei a propulsione nucleare, ovvero navi che possono viaggiare per 20 anni in tutto il mondo senza dover fare rifornimento di carburante. Il futuro però guarda anche all’aerospazio e ai satelliti.

A livello tecnologico il primato USA è sempre più insidiato dalla Cina. A suon di concorrenza feroce e aiuti pubblici, le aziende cinesi hanno sviluppato tecnologie all’avanguardia in molti settori: dall’intelligenza artificiale all’energia rinnovabile, dall’elettronica all’automotive (e relativa filiera della componentistica, a partire dalle batterie). I prodotti cinesi a basso prezzo non sono più sinonimo di bassa qualità: la concorrenza tra le aziende e l’energia a basso costo permettono di portare sul mercato prodotti di qualità a prezzi competitivi. Basta pensare a Huawei per i telefoni e le batterie, BYD per le auto, Deepseek per l’IA.

Infine, l’ambito economico/finanziario, che possiamo dividere in due parti: le politiche fiscali e le politiche commerciali.

Nelle politiche fiscali abbiamo assistito a due svolte importanti: la Germania è passata dal rigore assoluto ad un forte aumento del debito pubblico per investire in infrastrutture e difesa; mentre gli Stati Uniti sono passati da un deficit di oltre il 6% ad un taglio netto della spesa pubblica per ridurre l’enorme debito.

Nelle politiche commerciali sono invece tornati alla ribalta i dazi di Trump, con l’obiettivo di riequilibrare l’import/export USA: nel 2023 gli Stati Uniti hanno importato beni e servizi per 3.827 miliardi di dollari, mentre hanno esportato un totale di 3.053 miliardi. Quindi con un saldo netto pari a 773 miliardi di dollari di importazioni. In questo contesto, i dazi funzionano in maniera simile alla svalutazione della propria valuta per incentivare il consumo di prodotti locali a scapito di quelli d’importazione e per aumentare le esportazioni. La differenza sta però nel fatto che il dazio è una tassa che rimane negli USA. Ciò però impatterà anche il dollaro, oggi valuta di riserva e di scambio globale.

Volendo trasferire queste complesse nozioni economiche al risparmiatore privato cosa si può dire?

“Se cambia el sonador, cambia la musica”. Un proverbio antico ma attuale che implica una capacità dei risparmiatori, non tanto di essere in grado di gestire direttamente il cambiamento, ma di adoperarsi per avere degli interlocutori all’altezza della situazione attuale che permettano di non subire passivamente il cambiamento in atto.

È evidente che gli interlocutori/consulenti oggi devono avere:

un alto livello di competenza e professionalità;

la possibilità di fare le scelte d’investimento in piena indipendenza senza essere condizionati da conflitti d’interesse nella selezione degli strumenti finanziari da utilizzare;

avere a disposizione tutti gli strumenti finanziari e non avere un occhio di riguardo verso i “prodotti della casa” perché spinti da iniziative commerciali;

una remunerazione legata esclusivamente alla Consulenza e non al singolo prodotto finanziario collocato, come avviene per le banche e le reti dei consulenti.

Se l’intervento aggressivo di Trump sembra stia producendo un risveglio e quindi una reazione dell’Europa, anche i risparmiatori devono uscire dal disinteresse in cui si sono adagiati da anni, perché in futuro dovranno essere più consapevoli su come sono investiti i propri risparmi. Ora ancor più che in passato è necessario avere un controllo della posizione ed essere costantemente informati sulle scelte e sulle strategie applicate dal gestore del vostro patrimonio!

È un’utopia?

Penso di no, perché oggi c’è la possibilità di avere questo servizio in ambito finanziario, basta scegliere l’interlocutore giusto!

Paolo Leonardi