Pietro (Piero) Dalla Torre: allevatore con la malga Flavona nel cuore

Pietro (Piero) Dalla Torre: allevatore con la malga Flavona nel cuore

Pietro (Piero) Dalla Torre nasce a Flavon il 14 aprile 1949 dai genitori Giuseppe Dalla Torre e Federica Valentini. Un agricoltore e allevatore di bestiame, punto di riferimento per la sua famiglia e nel suo paese. Con la passione che lo contraddistingue nel periodo estivo saliva sugli alpeggi della sua montagna e precisamente alla malga Flavona, nell’alta Val di Tovel nelle Dolomiti di Brenta, rispettoso e attento al territorio e alla biodiversità, fino al 1994 accudiva un misto di razze bovine dei proprietari del Contà e dopo il 1995 bestiame di sua proprietà, in particolare della razza bovina da carne Limousine, insieme a cavalli e asini. Nel tempo ha studiato per imparare, conoscere e fruire dei molti frutti della montagna. Negli anni si è acculturato leggendo molti libri e ha viaggiato visitando diversi posti nel mondo con la sete e il desiderio di nuove conoscenze, con la curiosità di approfondimento, affascinato dalla storia, le grandi opere e le tradizioni locali.

La storia di famiglia

Percorrendo a ritroso l’albero genealogico troviamo il nonno Pietro Dalla Torre (1863 – 1943), che per migliorare le condizioni della sua famiglia nel 1904 emigrò in America dove lavorò come minatore presso le miniere nello Stato dell’Ohio. Nel 1908 con un bel gruzzoletto fece ritorno nella sua Flavon. Avendo disponibilità di denaro acquistò diversi terreni agricoli, poté e volle aiutare anche suo fratello che versava in condizioni di difficoltà economiche. Formò la sua famiglia con ben 5 figli (4 femmine e un maschio di nome Giuseppe). Successivamente per far fronte ad un periodo di gravi difficoltà economiche ritornò a lavorare per due anni in America, portando al ritorno il denaro indispensabile per il sostentamento della famiglia.

Giuseppe (figlio di Pietro), è la seconda generazione, e con i figli Pietro, Ruggero e Mariangela continua la dinastia Dalla Torre. Giuseppe era un allevatore innamorato delle mucche (… e bestiame in generale), in questo settore possedeva delle rilevanti abilità personali che gli hanno permesso di fare il mediatore (sensar). Negli anni ha ricoperto anche delle cariche quali: “presidente della società allevatori della malga Flavona; consigliere comunale a Flavon”.

Pietro (Piero), la mia storia

“Già a 6 anni, papà Giuseppe mi portava in malga Flavona-Pozzoi, … Mi ricordo che un giorno per la prima volta mi aveva portato con il carro trascinato da cavalli (di proprietà di un suo amico) e transitando sulla strada che costeggiava il lago rosso di Tovel ne rimasi estasiato”.

“Ancora adolescente con il fratello Ruggero, senza imposizioni ed in maniera spontanea prendemmo le redini dell’azienda familiare (zootecnica – frutticola). Ricordo di una frase che mi disse il papà: le 3A cose indispensabili nella vita: Aria-Acqua-Alimenti, col tempo ne capii l’essenza. Con grande impegno, seguendo i suoi insegnamenti che si possono sintetizzare semplicemente in: “educazione, onestà, moralità, rispetto, costanza e determinazione”; con intraprendenza e coraggio l’azienda si consolidò. Ho sempre presente la semplice frase-monito che era: “rispetta i beni degli altri e fai rispettare i tuoi”.

L’incontro della vita

“… Il giorno di Ferragosto (15 agosto 1972) durante un’escursione a malga Flavona incontrai Palma Zanin di Denno. Insieme passammo una piacevole giornata, successivamente iniziammo a frequentarci, ci accomunava la passione per la montagna e condividevamo molti altri principi e progetti. Dopo aver costruito la nostra casa di abitazione, cinque anni dopo ci unimmo in matrimonio”.

La malga Flavona

Malga Flavona – Pozzoi, angoli di paradiso adagiati tra cielo e terra nel gruppo Adamello-Brenta, incontaminati, dove il silenzio è dolcemente interrotto dai ronzii degli insetti, dal fruscio del vento tra gli alberi, dal cinguettio degli uccelli, dallo scorrere dell’acqua allegra tra i sassi del rio Santa Maria e i suoi rivoli; durante l’estate il tintinnio festoso dei campanelli degli animali al pascolo, ne fa una cornice gioiosa e viva.

Da malga Pozzoi, a piedi si arriva a malga Flavona. Proseguendo si arriva al campo di Flavona (pascolo superiore) dove maestosi siedono due monoliti conosciuti come torrioni (alto e basso), regni di camosci e aquile qui l’emozione si fa forte in tutte le stagioni, si tocca il cielo con un dito respirando a pieni polmoni un’aria frizzante, in estate il pascolo si trasforma in un giardino botanico dai mille colori, fiori di tutte le specie, fanno capolino tra stelle alpine, orchidee e rododendri.

Sensazioni di sorpresa, libertà, purezza e gioia, gratitudine e rispetto dinnanzi alla maestà del Creato. Emozioni intrinseche “forti”, affidate e custodite tra le pagine del libro presente nel bivacco, lasciate da chi con fatica è salito fin lassù.

Malga Flavona e Pozzoi (proprietà del comune di Contà) situate nel c.c. di Ville d’Anaunia sono terre di pascolo per gli animali provenienti da Flavon, Cunevo e Terres. L’alpeggio degli animali veniva concesso alla società allevatori “Malga Flavona”, costituita da allevatori dei 3 paesi.

I tre comuni erano riuniti nel Nesso Flavona, ente giuridico che regolava la gestione manutenzione del territorio (strade-pascoli e edifici).

Pietro e la Malga Flavona

A partire dal 1981 responsabile della malga è stato Pietro Dalla Torre di Flavon che fino al 2023 (escluso l’anno 2006) a seguito e preso in carico:

• la monticazione (con una particolare attenzione al benessere del bestiame) garantendone la continuità anno dopo anno, così da mantenere il manto erboso nei pascoli, importante per la flora e fauna selvatica;

• mantenuto in modo efficiente gli immobili, negli anni ha dimostrato grande disponibilità e cortesia con i turisti e passanti, intrecciando anche durature amicizie. Pietro quale grande conoscitore della flora alpina, non disdiceva mai di intrattenere e informare con semplicità chi si trovava sui suoi passi.

In passato nei paesi, ogni famiglia, aveva qualche capo di bestiame, al momento dell’alpeggio, fissato un giorno del mese di giugno, tutti si radunavano con i loro animali e partivano dai paesi, a piedi fino alla malga, percorrendo la valle di Tovel, i fortunati caricavano il bestiame su trattori o camion.

Il viaggio era lungo e faticoso sia per gli uomini che per gli animali. In malga gli animali venivano affidati ai responsabili; successivamente arrivava il momento tanto atteso, … ognuno metteva sul tavolo quanto aveva nello zaino per condividerlo con gli altri, non mancava mai il fiasco di vino, pane, formaggio e salame. Tra chiacchiere e risate ognuno si raccontava creando un forte momento di aggregazione sociale, naturalmente il vino faceva la sua parte e i veci i diseva: “se no gè vin, no gè festa”.

A settembre avveniva il rientro degli animali, si percorreva “el senter dei sasi verso el Prà de l’asen”, si arrivava al Termoncel, poi giù verso Arza e arrivati alla “Busa De San Zoan” (proprietà di Denno) si aveva il diritto di far riposare e pascolare gli animali prima di proseguire, percorrendo strade forestali si arrivava a destinazione. All’epoca non era difficile trovare la neve con notevoli difficoltà per bestie e uomini.

Negli ultimi anni, malgrado il drastico calo degli animali allevati nel Contà, la malga è sempre rimasta attiva grazie al supporto di validi pastori ai quali va un vivo ringraziamento, rimangono ricordi di quei momenti faticosi ma pieni di esperienze vissute arricchenti il cuore e la mente. Per mantenere vivo il passato, impresso nella memoria di tanti, Pietro con l’aiuto di volontari propose “LA FESTA IN FLAVONA”, vi riuscì per 6 anni ed era un appuntamento atteso dalle persone locali ma condiviso anche da molti che arrivavano da oltre il Contà.

Questa lunga esperienza ha lasciato in Pietro un grande bagaglio di bellissimi ricordi ed emozioni, sicuramente la gioia di averla vissuta e poterla raccontare.

Pietro, non solo allevatore-contadino

Esperto apicoltore, conosce la storia, le tecniche, le specie e le curiosità di questa attività millenaria. Negli anni si è reso disponibile anche per la comunità ricoprendo diversi incarichi: “presidente della società allevatori della malga FLAVONA e successivamente responsabile; presidente del caseificio Lover (2007-2010); vicepresidente del Consorzio Ortofrutticolo del Contà; consigliere delle società sportive: San Vito e bassa Anaunia; vigile del fuoco volontario (per 17 anni); appassionato frequentatore del calcio”.

In America per ripercorrere…

Pietro (Piero), dispiaciuto e rammaricato di non aver conosciuto il nonno Pietro (morto 6 anni prima della sua nascita), nel luglio 2019 con grande entusiasmo vive l’esperienza di poter visitare i luoghi dove molti anni addietro, era transitato il nonno prima di poter lavorare come minatore.

Con il fratello Ruggero, la sorella Mariangela, la moglie Palma e i nipoti Alex e Sebastien, intraprendono il viaggio per l’America con l’obiettivo di visitare Ellis Island (l’isola all’ombra della statua della libertà che fino al 1954 era la principale frontiera d’ingresso per gli immigrati che sbarcavano negli Stati Uniti ed il centro di smistamento dei migranti in arrivo a New York).

“Alla vista della statua della libertà mi prende un’emozione fortissima e particolare che è difficile descrivere – racconta Pietro – e arrivato sull’isola provo ad immaginare in quale stato d’animo fosse arrivato il nonno con il miraggio di una nuova vita. Entrando nel Museo dell’immigrazione di Ellis Island dedicato alla storia dell’immigrazione in America (una struttura imponente di 3 piani). Salendo al piano rialzato mi trovo in un enorme salone, con l’ausilio di un auricolare e le spiegazioni dell’interprete/guida che ci accompagna, percorro i vari passaggi che dovevano fare gli immigrati. L’iter prevedeva, che ogni persona per entrare doveva possedere e mostrare almeno 20 dollari e superare un ostacolo non indifferente: le ispezioni sanitarie e gli interrogatori.

Una volta entrati venivano visitati dai medici del Servizio immigrazione, verificandone l’idoneità, e marcavano con un segno di gesso sulla schiena coloro che dovevano essere ulteriormente esaminati. Una X stava per problemi mentali, PG per donna incinta ecc… Secondo il vademecum di questi medici: vecchi, deformi, ciechi, sordomuti, oltre ai sofferenti di malattie mentali, contagiose e altre varie infermità, dovevano essere rimpatriati con la stessa nave sulla quale erano giunti. Tutti gli altri, invece, venivano registrati dagli ispettori (che annotavano i dati civili, economici e politici) e dopo aver affisso ad ognuno un biglietto sulla giacca con indicata la propria destinazione, venivano accompagnati al traghetto per Manhattan…”.

Finita la visita con i familiari che mi accompagnavano, insieme abbiamo condiviso il pensiero: “…a quel tempo il nonno aveva fruito della vera accoglienza, mantenendo la sua dignità ed un lavoro. … Attualmente in Italia e in Europa questo rimane tuttora un’illusione!”

Pietro, e la famiglia

Al fianco della moglie Palma, ha trovato la vera essenza del matrimonio guardando insieme nella stessa direzione, affrontando uniti: le sfide/difficoltà/gioie in un meraviglioso lungo viaggio, ricco di piccoli gesti quotidiani che costruiscono una grande storia.

I figli: Serena (1978); Paolo (1979); Angela (1985) ed i nipoti: Federica, Massimo, Giulia e Giacomo, sono il più bel regalo che hanno avuto dalla vita.

Redazione