La chiesetta di San Filippo e Giacomo a Segonzone
Il 3 maggio di ogni anno il calendario liturgico festeggia nello stesso giorno due apostoli entrambi martiri: san Filippo e san Giacomo.
San Filippo era uno dei dodici discepoli, nativo di Bethsaida e conterraneo di san Pietro e di sant’Andrea. Dopo la Pentecoste egli rivolse la sua predicazione in Frigia, nell’Asia Minore.
Fu martirizzato a Gerapoli mediante crocifissione a testa in giù. È patrono di Sorrento e i suoi attributi sono il drago e la croce rovesciata.
San Giacomo, dopo la Pentecoste, predicò il Vangelo in Giudea e in Samaria.
Erode Agrippa lo fece uccidere di spada. I suoi attributi sono il vestito da pellegrino, il bastone, la bisaccia e la conchiglia. Viene invocato contro i reumatismi e per ottenere il bel tempo. È il protettore dei cappellai, dei farmacisti, dei droghieri e dei pellegrini.
In Trentino esistono diverse chiese dedicate a questi due apostoli. Una si trova a Predazzo, un’altra a Sardagna e poi ancora a Zambana Vecchia, a Faver, Dermulo e a Terres. Oltre a queste bisogna ricordare una chiesetta di modeste dimensioni ma molto interessante. Essa, al suo all’interno, conserva un notevole apparato decorativo.
Si trova nel comune di Campodenno, nei pressi di Segonzone, sulla strada che porta a Castel Belasi.
Vista la distanza dal castello e la presenza di una cappellina entro le mura dello stesso edificio ci fa supporre che essa non fosse una chiesa cortese ma, più probabilmente, venisse adibita per uso pubblico o cimiteriale.
La sua costruzione è molto antica. Potrebbe risalire addirittura agli inizi del Quattrocento. È nominata per la prima volta nel 1485, ma nel 1473 era già stata affrescata dai fratelli Giovanni e Battista Baschenis.
Nel 1579 era dotata di tre altari: quello centrale dedicato ai santi Filippo e Giacomo e i due laterali in onore del Santo Crocifisso e al Santo Rosario.
Fino all’erezione della chiesa di Lover (metà del 1800) veniva usata nelle celebrazioni liturgiche officiate per i fedeli di Segonzone. Con la consacrazione del nuovo edificio sacro di Lover essa cessò la sua funzione e cadde in uno stato di abbandono. Successivamente, all’inizio del XX secolo, i conti Kuen Belasi la acquistarono dal Comune di Lover per un importo pari a 300 fiorini. Probabilmente essi intendevano usarla come sepolcro per i propri avi.
Nel 1925 fu sottoposta ad un accurato restauro a cura della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Trento.
In quell’occasione, casualmente, accanto ad una finestra, si scoprì la firma dei Baschenis. Fu un ritrovamento molto importante perché, oltre all’esatta attribuzione dell’opera, definì i legami familiari fra i vari pittori.
Questi, infatti, sulla finestra destra della chiesa tracciarono la scritta “Johannes e Baptista consanguinei de Avevara 1473 die 29 augusti”.
La parola “consanguinei” chiarì definitivamente che gli autori erano due fratelli e che la sigla “G.B.” dipinta in altri affreschi non significava Giovan Battista, come si era sempre erroneamente creduto, ma doveva intendersi come Giovanni e Battista. Quindi non un solo pittore ma due.
Dall’anno 2000 l’edificio passò in proprietà del Comune di Campodenno. La costruzione è circondata da un praticello usato, probabilmente, nei secoli scorsi, come cimitero. È orientata con l’abside verso est e presenta una facciata a capanna, asimmetrica con un portale cinquecentesco in pietra bianca e rosa. Ai lati vi sono due finestrelle protette da inferriate e una lapide, datata 1844, dedicata da Giacomo al proprio fratello e Giovanni Khuen Belasi, signore del posto.
Il tetto della navata si presenta a due spioventi con la struttura portante in legno e la copertura in scandole sempre in legno.
L’interno è composto da una navata a pianta quadrangolare completamente spoglia e da una cappellina, pure a pianta rettangolare con un’abside concava. Essa è illuminata da due finestre strombate anticipate da un bell’arco a sesto acuto. L’altare, ad ara, è posto al centro del presbiterio. Il soffitto è piatto e ligneo. Sul pavimento in battuto di calce si possono notare due tombe terragne: una appartenente ad un nobile Belasi (1677) e l’altra ad un non meglio identificato Parolari.
Il catino absidale e l’arco santo sono interamente coperti dagli affreschi di Giovanni e Battista Baschenis. Altri dipinti, sempre degli stessi autori si possono osservare anche sulle pareti della navata. Gli affreschi della chiesetta di Segonzone sono molto belli e interessanti purtroppo, però, risentono dell’usura del tempo e forse anche di qualche scialbatura. Sopra l’altare è raffigurato il Cristo Pantocratore (Maiestas Domini) con la mano destra benedicente e la sinistra che regge un libro con la scritta “Ego sum lux mundi, via, veritas e vita et principium et finis”. È circondato dai simboli dei quattro Evangelisti e dai quattro dottori della Chiesa.
Lungo il registro inferiore sono dipinte le figure dei dodici Apostoli accompagnati da cartigli scritti in carattere gotico riportanti alcuni passi del Credo.
L’intradosso dell’arco santo è diviso in otto riquadri in ognuno dei quali è rappresentato un profeta a mezzo busto mentre sul frontone dello stesso arco è raffigurata la scena dell’Annunciazione.
Alla destra compaiono le figure di san Floriano e san Nicolò e, alla sinistra, quelle di santa Maria Maddalena e di santa Barbara.
Sulla parete della navata sinistra è dipinta un’Ultima Cena abbastanza grossolana e un santo ignoto (probabilmente san Sebastiano) seguito da san Fabiano.
Di fronte è raffigurato san Sisto (uno dei cinque papi omonimi), santa Caterina, un affresco poco leggibile ed un lacerto con una Madonna che mostra una mela al suo Bambino.
Nel registro più basso è dipinto un fregio a finti drappeggi con fiori stilizzati.
I Baschenis nella preparazione degli affreschi non usavano le sinopie ma preferivano disegnare direttamente sull’intonaco fresco i contorni delle figure usando un pennello sottile intinto nell’ocra gialla.
Un esempio di quanto sopra accennato è ben visibile in questa chiesa in alcuni punti dove alcune figure, forse per l’essicamento troppo precoce della malta, hanno perso il colore lasciando così intravedere il lavoro preparatorio ancora fissato al muro.
Tale tecnica si nota soprattutto nelle figure di san Floriano, san Nicolò, di san Fabiano poste sulla parete sinistra e nella zona inferiore dell’abside dove sono raffigurati gli Apostoli.