Cles, “El Sant del Chiatar” *
La minuscola chiesetta nei pressi di DRES dedicata al Santo Crocifisso conserva tutt’ora un bell’affresco che raffigura la Madonna e S Giovanni ai piedi della Croce. Ma ciò che rende questo dipinto unico e meta di continui pellegrinaggi è il braccio destro del Cristo tutto nero come se fosse ricoperto da sangue raggrumato e alcuni pezzetti di ferro conficcato nell’intonaco dell’affresco.
Narra infatti una leggenda che un giorno – sarà stato un paio di secoli fa – passò di lì un losco figuro, uno sgherro senza fede al soldo della famiglia del Castello di Altaguardia.
Aveva un diavolo per capello, l’uomo, a causa di chissà quale torto subito, e con un orribile bestemmia spalancò la porta della chiesuola, sperando di trovarvi qualcuno su cui sfogare la sua rabbia.
Ma non cera nessuno.
La fioca luce della prima sera disegnava lunghe ombre sul pavimento e nell’aria si percepiva ancora il profumo di cera bruciata che ricordava le preghiere recitate quel giorno dai fedeli di passaggio.
“E tu che vuoi??” – sibilò lo sbirro al Cristo che soffriva in Croce – “si può sapere che hai da guardarmi in quel modo?? Ho fatto qualcosa??”
Sarà stata la luce del tramonto o un’ombra improvvisa scesa a velare il dipinto, fatto sta che il disgraziato ebbe l’impressione che il Cristo si muovesse, scrollando il capo con un gesto di commiserazione.
Una furia animale gli montò alla testa: senza nemmeno rendersi conto dell’assurdità delle sue azioni, il malvagio estrasse la pistola caricata a pezzi di ferro, azionò l’acciarino e fece partire un colpo in direzione del dipinto.
La piccola chiesa rimbombo a lungo e briciole di intonaco colorato caddero un po’ ovunque.
Ma grandi furono la sorpresa e lo spavento, quando l’uomo vide sgorgare dalla spalla del Cristo dipinto in Croce del sangue vero, che colò a lungo il braccio teso verso la Madonna in lacrime!
Lo sgherro indietreggiò terrorizzato: guardò con occhi sbarrati la pistola ancora fumante e con un gesto di ribrezzo la getto via, facendola volare tra i banchi vuoti. Poi si girò e urlando disperato fuggi in direzione delle case di DRES.
Da quel giorno il manigoldo cambio vita: lasciò perdere le armi, le violenze e le gozzoviglie da bravaccio e dedicò l’intera sua esistenza alla predicazione. Per anni e anni giro di paese in paese a narrare agli uomini il suo immondo sacrilegio, da cui era sortito il miracolo del Sant dal Chiatar.
*Dal libro: “Le mille e una leggende del Trentino” di Mauro Neri.
La chiesa del Crocifisso, detta anche chiesa del Sant del Ciatàr, è situata nel comune di Cles in località Faé, circa un chilometro a nord della frazione di Dres, lungo la strada statale verso Mostizzolo e la Val di Sole.
Sul luogo dove sorge ora la chiesa si trovava anticamente un’edicola votiva molto venerata, di epoca ignota, nella quale era affrescato un crocifisso; in una visita pastorale del 1695 venne concessa l’autorizzazione a costruire una cappella sul posto.
Una leggenda locale (secondo la quale l’immagine avrebbe sanguinato dopo che “uno scellerato” l’ebbe colpita a pistolettate) accrebbe la fama del luogo, permettendo di raccogliere abbastanza fondi da edificare la cappella, nella quale l’edicola venne inglobata. Questa venne ampliata nelle forme odierne intorno al 1718, e nel 1727 la nuova struttura venne benedetta.
Come scrive Francesca Dusini nel volume “Cles natura, storia arte” edito nel 2021 dal Comune di Cles per i tipi della Saturnia di Trento, il luogo dove sorge la chiesetta “era fra i terreni di proprietà di un certo Catarino o Catarro da Dres”, il cui nome compare più volte in un inventario del 1322, e ritorna più avanti, in quanto possessore di una cava di sabbia e ghiaia presso il Faè (cava che peraltro è stata utilizzata anche in tempi recenti — in un periodo anche come discarica — prima di essere poi definitivamente abbandonata verso fine anni ‘70).
Per questo semplice motivo dunque la chiesa negli anni è stata citata su testi e mappe col nome di San o Santo del Cataro, o Catar, o Chiatar/Chjatar a seconda della pronuncia, da cui nacque il malinteso per cui si credette che questo fosse un santo protettore “degli asmatici, contro le infreddature e i relativi catarri’’’.
Giacomo Eccher