Piero Angela e la divulgazione scientifica
Quando, nel 2019, la redazione del “Il Melo” mi propose di curare una pagina di scienza e tecnologia, accettai di buon grado. Non nascondo che fui lusingato, tanto da figurarmi nel nuovo “Piero Angela” delle Valli del Noce.
Ho citato, non casualmente, il “divulgatore scientifico” italiano per eccellenza, conosciuto ed amato da milioni di italiani che lo hanno seguito per decenni. Ha affascinato i telespettatori affrontando argomenti, complessi, con una naturalezza e semplicità disarmanti. Non è un caso se, Piero Angela, con la sua recente scomparsa, ha lasciato un grande vuoto nel mondo della divulgazione scientifica.
La divulgazione scientifica: ne voglio parlare per capire l’importanza della comunicazione rivolta al grande pubblico. La scienza, in particolare nelle discipline connesse con la fisica, la matematica, la chimica, la medicina e la biologia, non è “per tutti”; spesso i progressi, in questo campo, sono il frutto di anni di lavoro, di ricerche, di sperimentazioni e di rigorose dimostrazioni supportate da modelli matematici complessi. Alla base di ogni scoperta c’è, però, la fantasia e l’intuizione dello scienziato. Dall’intuizione, si passa alla verifica in un percorso condotto in rigoroso rispetto del “Metodo scientifico” introdotto da Galilei nel 1600.
Si pensi, ad esempio, ad Albert Einstein ed alla sua scoperta della contrazione del tempo con l’aumentare della velocità. Di questo argomento ho già scritto in un precedente articolo. Vale comunque la pena soffermarsi, nuovamente, sulla geniale intuizione di Einstein che regalò al mondo la teoria più rivoluzionaria della fisica ed aprì una voragine di interrogativi, molti dei quali, ancora irrisolti. La scoperta scaturì da un’osservazione scientifica.
Da un esperimento in cui ci si accorse che la velocità della luce del sole, incidente la superficie terrestre, era costante (300.000 Km al secondo), questo sia quando il laboratorio di misurazione si muoveva in direzione del sole, sia quando se ne allontanava per effetto della rotazione terrestre.
L’esperimento, ripetuto più volte, confermò, inequivocabilmente, la correttezza dei risultati e sconvolse l’intera comunità scientifica, che si fondava sulle solide basi della fisica di Newton per la quale: “se due corpi (nello specifico: osservatore e sole) sono in movimento in direzione opposta, incontrandosi, la velocità risultante è la somma delle due velocità”.
Concetto intuitivo ed universalmente accettato; pensiamo a due automobili che, procedendo in senso contrario, si scontrano alla velocità 50 all’ora ciascuna, Il risultato è devastante: un frontale a 100 Km l’ora.
Questa certezza era messa in discussione dalla nuova scoperta. La velocità della luce era costante, sia muovendosi verso la fonte luminosa, sia scappandovi.
Sappiamo che la velocità è determinata dallo spostamento di un oggetto nello spazio e nel tempo.
Spazio e tempo le due costanti in gioco e la velocità come risultato variabile delle loro combinazioni. La velocità, dopo questa scoperta, era però, essa stessa, una costante. Qualcosa non tornava: tre costanti non possono essere messe in relazione nella semplice formula della velocità: Velocità = Spazio percorso / tempo di percorrenza. Qualcosa non tornava, necessitava una variabile!
Einstein, in un lampo di genio, intuì che la variabile dell’equazione non era più la velocità, bensì il tempo: un tempo “elastico” e in relazione con la velocità: di conseguenza muovendosi a velocità prossime a quelle della luce il tempo scorre più lentamente fino a fermarsi a 300.000 Km al secondo! Se desiderate approfondire l’argomento, vi lascio, volentieri, ad altri miei articoli, che trovate sul sito internet de “il Melo”.
Tornando al ruolo della divulgazione scientifica essa, ignorando i rigidi ed incomprensibili “protocolli scientifici”, si sofferma sull’intuizione iniziale dello scienziato, ne costruisce una narrazione comprensibile, crea interesse e lascia spazio agli interrogativi che ne derivano.
La scienza è come un cesto di ciliegie: quando si inizia a mangiarne una si finisce per vuotare il cesto. Così, ogni conquista scientifica, porta con sé molti interrogativi. Compito di un buon divulgatore è quello di offrire un cesto di ciliegie dolci e croccanti: di dare spiegazioni ma aprire le menti agli interrogativi che ne derivano. Interrogativi che sono quelli della vita.
Piero Angela in questo era il “poeta”; Il suo timbro pacato e sicuro sapeva … sapeva cosa? Sapeva incantare!
Nato a Torino nel 1928, Piero frequentò il liceo scientifico, approdò poi al Politecnico di Torino ma interruppe gli studi, prima della laurea, una volta assunto alla RAI. Fu giornalista, conduttore televisivo e saggista. Amava la musica e si cimentò inizialmente come jazzista e pianista.
Ma la sua missione era la scienza, una scienza lontana dai “palazzi”, calata tra la gente e per la gente. Una scienza fresca ed “affascinante”. Le sue due famose trasmissioni: Quark e Superquark hanno inchiodato al piccolo schermo milioni di telespettatori di tante generazioni. Molti di loro hanno voluto salutarlo, commossi, lo scorso agosto quando a Roma è scomparso a 94 anni.
Ora, lasciato il testimone al figlio Alberto, bravo a ripercorrerne le orme, potrà risolvere l’ultimo enigma della sua vita espresso nella frase: “La morte è l’unico mistero che ancora non ho esplorato!”
In questa speciale occasione del centesimo numero della rivista un doveroso omaggio a lui: Piero Angela ed un augurio da parte mia: buona scienza a tutti!