Testimonianze sulle carceri e la riabilitazione dei detenuti

Testimonianze sulle carceri e la riabilitazione dei detenuti

Tempo fa, con l’oratorio San Rocco di Cles, ho avuto la possibilità di partecipare a delle serate aventi come tema “la vita dei detenuti nelle carceri” dove sono intervenute, da remoto, persone che lavorano nelle carceri, detenuti ed ex detenuti.

Il primo incontro è stato con una suora che lavora a Venezia nel carcere femminile della Giudecca. Ci ha raccontato come è la sua vita all’interno del carcere e quali sono le sue mansioni.  

I suoi compiti sono quelli di aiutare le carcerate, che lei chiama “le mie ragazze”, nella crescita personale e spirituale, ma il compito principale e fondamentale è quello dell’ascoltare senza giudicare, cosa molto difficile e complessa. Ogni giorno ascolta le storie di queste persone, le scelte che hanno intrapreso e per quali motivi le hanno intraprese: c’è chi per esempio è stato costretto a rubare dai genitori, persone che hanno vissuto situazioni di disagio ma anche chi ha imboccato delle strade devianti perché erano più facili da percorre.

Il secondo incontro è stato con un avvocato penalista che ha cercato di raccontarci in modo semplice quello che è il suo compito di difensore delle persone che commettono reati. Il racconto è stato ricco di esempi basati su citazioni storiche e filosofiche, come la “legge del taglione” utilizzata nell’antica Babilonia e una frase “Homo homini lupus”, ripresa dall’opera “Il Leviatano” di Hobbes, che significa l’uomo è lupo per l’altro uomo, ossia l’uomo si può approfittare degli altri uomini.  

Ci ha inoltre spiegato quanto sia complesso il suo compito anche dal un punto di vista personale, perché ovviamente gli vengono raccontate storie di vita che sono tortuose e di sofferenza e quindi non è cosi facile rimanere distaccati emotivamente. Durante questa lunga chiacchierata ci ha anche riportato alcune questioni un po’ più tecniche del diritto spiegandoci che l’art. 24 della Costituzione prevede il diritto inviolabile alla difesa durante il processo e che l’art. 27 prevede la funzione rieducativa del condannato.

L’ultimo incontro è stato con una carcerata che ci ha raccontato la sua storia. Viveva in una famiglia di giostrai che si spostavano continuamente e per questo motivo non ha avuto la possibilità di frequentare la scuola.  I suoi genitori la costringevano a rubare gioielli di alto valore, borsette, giacche…  ci ha raccontato che alcune volte è stata perfino costretta a rubare galline!! 

Questa non era la vita che lei voleva fare, ma essendo stata abituata fin da piccola in questo modo per lei rubare era qualcosa di normale, poi crescendo ha capito invece che era qualcosa di scorretto ma non ha voluto cambiare strada e così facendo è stata arrestata varie volte. Dopo avere trascorso degli anni in carcere ha capito gli sbagli commessi, grazie anche alle educatrici come la suora che le hanno permesso di sostenere un percorso di rieducazione nel quale ha imparato vari lavori tra i quali fare l’orto e coglierne i frutti!

Un esempio di rieducazione lo si può ritrovare nel carcere di Nisida, un carcere minorile che si occupa di rieducazioni dei minori.  All’ interno della casa circondariale viene data loro la possibilità di sperimentarsi in vari lavori come il giardinaggio, la pasticceria, possono anche provare ha diventare dei piccoli artigiani lavorando la ceramica. Questi percorsi permettono di scoprire i loro talenti e le loro passioni e di poterle metterle in pratica una volta usciti dal carcere. 

Purtroppo però non tutte le carceri danno la possibilità di svolger questi percorsi.

Un ex detenuto, in una testimonianza fatta ai ragazzi del gruppo “ADO” (adolescenti dell’oratorio di Cles), ha raccontato di aver avuto una storia molto travagliata e difficile: è stato arrestato varie volte per rapina, omicidio e spaccio. Durante la sua detenzione non ha avuto la possibilità di svolgere attività di rieducazione e il fatto di stare all’interno della propria cella senza poter fare nulla dalla mattina alla sera gli faceva tornare in mente tutto ciò che aveva fatto fuori non riuscendo mai a staccarsi da quel vissuto. Quindi, rimesso in libertà, tornava a fare la vita di sempre e pertanto arrestato nuovamente. Un giorno ha fatto richiesta di trasferimento in un altro carcere dove ha cominciato a frequentare l’università. Un po’ alla volta, aiutato da educatori e psicologi, ha iniziato a sentirsi più utile ed è così poi riuscito con fatica a rientrare nella società, ha continuato gli studi universitari intrapresi in carcere e ha anche deciso di iniziare a lavorare.

Poiché nel suo percorso di riabilitazione è stato aiutato da educatori e operatori sociali ha studiato per svolgere il mestiere dell’educatore. Oggi va nelle scuole, negli oratori, ecc. ad insegnare ai ragazzi i valori della fatica e del lavoro onesto. “Si dice che non si conosce veramente una nazione finché non si sia stati nelle sue galere. Una nazione dovrebbe essere giudicata da come tratta non i cittadini più prestigiosi ma i cittadini più umili.

Emanuele Pilati