Paesi solandri in rima
La fisionomia paesaggistica della Val di Sole è assai conosciuta, con i suoi gruppi montuosi imponenti (Presanella, Vioz-Cevedale, Brenta), il Noce, le fonti minerali a Peio e Rabbi. Altrettanto note le caratteristiche del turismo solandro: comprensori sciistici, canoa, trekking. Poco ancora si sa del patrimonio culturale ospitato in Valle (più di quaranta chiese ricche di arte). Forse del tutto sconosciuta ai più è la variegata geografia umana della Val di Sole, sedimentata attraverso secoli di rivalità e campanilismi. I solandri sono amabilmente auto-ironici quando parlano di sé, e nel passato lo han fatto anche in rima. Trascrivo di seguito una vecchia filastrocca, che spesso coglie nel segno dipingendo le caratteristiche dei villaggi d’un tempo, dei quali annota vizi e virtù. Ma quanto e mutato da allora il carattere, quanto si sono omologate le tradizioni, la parlata, perfino le fisionomie! II ritmo della poesia e zoppicante: ma non andiamo troppo per il sottile, in quanto contano qui i concetti più che la cornice, e vale l’aria di presa in giro dei versi antichi.
Un bel catalogo, che è come la valle di Giosafat: dai mestieri tradizionali (Vermiglio, Celentino, Carciato, Magras, Rabbi, Cappelle) si passa ai difetti congeniti (Celledizzo, Termenago, Piano, Almazzago, Mastellina, S. Bernardo), a punzecchiature di vario genere (Ossana, Fucine, Ortisè, Dimaro, Male, Arnago, CaIdes, Piazzola), a riferimenti geografici (Peio, Comasine, Castello, Menas, Deggiano, Monclassico, Croviana), a ricordi di lontane disavventure (Mezzana, Pressòn, Cavizzana), all’ironia sul vestire (Malè), sulle abitudini alimentari, sul portamento, su difetti fisici (Cogolo, Cusiano, Pellizzano, Mestriago, Bolentina, Montes, Pracorno, Terzolas). Della filastrocca esistono varianti: i maledi (gli abitanti di Malé) son detti a volte “magnalampade”; i caldesi “molacagni”; i rabbièsi “Casoléti”.
Ormai però i nomignoli dei paesi sono quasi archeologia, come succede per i vari “scotum” (soprannomi) delle famiglie, che vanno scomparendo nonostante la nostalgia del poeta dialettale di Mezzana Edoardo Redolfi ‘Teresin’ (1920 – 2001), che ha dato voce, cercando di farle sopravvivere, anche alle cose più umili e quotidiane del buon tempo antico: “Le famie le s’e róte / ma i conserva ‘l soranòm / che se ‘l dòra tante bote / propi al posto del cognòm”.
“Congiombleri da Vermei,
leca pugnate de Ossana,
brusa Cristi da le Fosine,
lovi lovi quei da Pei;
passolòti da Cogol,
ligéri da Celediz,
corvi corvi de Comàsen;
casoléti da Celentin,
signorini de Cusian,
balotini de Pliciàn,
fati fati da Ortisé,
e camoci da Menàs;
faossi faossi da Tremenac,
batòcli da Mezana,
mati mati quei da Plan,
stolti stolti de Almazac,
e gabàni da Mestriac;
tartaioni da Mastelina,
corvi da Degian,
porchietini da Dimar,
calcaròti da Carcià,
ponte marce da Presson;
corvi corvi da Monclasec,
roschi e rane da Croviana,
slarghiabraghe da Malé,
passolòti a Bolentina,
cròchi cròchi da Montés,
pèpe pèpe a Terciolàs,
scudelari da Magràs;
farisèi da Dernac,
pelaòssi de Caldès;
magnamalghe quei da Rabi,
gòsi gòsi da Pracorn,
storni storni a San Bernart,
cagni e béchi de Plazöla;
saltimbanchi a Cavizana,
sampognari a le Capèle”.