Antonio Thun: il potente (1450-1522) e i suoi figli
A 500 anni dalla morte
C’era una volta un bel castello. Vi abitava un ricco signore con la moglie venuta da lontano. Sembra una favola, ma, invece, è una storia vera che si svolse fra la fine del millequattrocento e il millecinquecento.
Il bel castello era castel Thun e il ricco signore si chiamava Antonio. Aveva tanti servitori e possedeva molta campagna, non solo in Val di Non, ma anche in piana rotaliana e in Val di Sole e Rabbi.
Si racconta che egli potesse partire dal Passo del Tonale e giungere a Trento nel suo palazzo senza mai uscire dal proprio territorio.
Appunto per questa sua grande ricchezza era soprannominato Antonio “il Potente”. Si era sposato con una nobile signora venuta dal nord. Si chiamava Elena Tombriz di Scozia. Con lei ebbe molti figli. Alcuni di loro morirono in giovane età, altri raggiunsero traguardi importanti come, ad esempio, Filippo divenuto canonico e Martino capitano di Monreale e di Feltre.
Ma, come in tutte le storie, nella vita c’è sempre un momento triste. La bella Elena, infatti, morì in giovane età. Subito dopo il ricco Antonio si risposò con la nobile signorina Genovefa von Wolkenstein – Rodenegg. Da questa unione nacquero cinque figli: Luca (1485-1559), Sigismondo (1487- 1569), Dorotea (1490-1520), Jacopo (1494-1559) e Cipriano (1501-1573). La moglie Genovefa morì nel 1511 mentre lui visse fini al 1522.
Prima di lasciare questa terra Egli, vista la difficoltà di gestire un così vasto patrimonio, pensò bene di dividere fra i figli i suoi averi.
Al primogenito Luca lasciò castel Thun con tutte le pertinenze. Il secondo fratello, Sigismondo, (vedi sotto) fu avviato alla carriera ecclesiastica ma ben presto egli si stancò e abbandonò la tonaca. Si laureò, invece, in utroque jure e si dedicò alla diplomazia. In breve tempo diventò una vera autorità in campo internazionale.
Fra le altre cose, fu consigliere personale di Massimiliano I, di Carlo V e di Federico II.
Sempre in veste di delegato imperiale partecipò al Concilio di Trento e, nel 1563, firmò gli atti conclusivi. Questo suo incarico gli valse l’appellativo di Oratore.
Sempre come delegato imperiale, concluse pure il trattato di pace con la repubblica di Venezia.
Per il suo carisma fu considerato da tutti i parenti come il “pater familiae”. E lo fece realmente perché mantenne il comando sull’attività del parentado fino alla sua morte.
Egli si definiva, infatti, “primario Capo et Rectore delli suoi Magnifici e Generosissimi fratelli”.
Egli perì, sfortunatamente nel 1569, ottantaduenne, nell’incendio di Castel Thun.
Nella chiesa di Vigo rimane ancora una lastra tombale, in pietra rossa con, al centro il suo stemma nobiliare. La fece erigere nell’anno 1549, a ricordo dei suoi antenati.
Alla base, reca la scritta (in latino): “Sigismondo, uomo illustre della nobilissima famiglia dei Thun, consigliere del Romano Imperatore, a ricordo dei propri antenati, per i posteri, fece piamente restaurare questo antichissimo sepolcro consumato dalla vecchiaia”.
La sorella Dorotea invece, essendo donna, non partecipò alla divisione dei beni. Andò sposa ad Andrea Borgo, nobile cremonese alla corte del cardinale Bernardo Clesio. Morì nel 1520, all’età di trent’anni. In suo ricordo, a Palazzo Thun, in Trento, fu murata una lapide molto simile a quella di Sigismondo posta nella chiesa di Vigo. In alto porta la scritta (in latino): “Andrea Borgo, cremonese, cavaliere e consigliere cesareo, marito mestissimo, pose per Dorotea Thun, insigne per pudicizia, prudenza, beltà e costumi, moglie carissima e benemerita. Visse anni XXX. Morì il MDXX”.
In fondo alla lapide, con un’altra scritta, sempre in latino, Andrea Borgo mette in bocca a Dorotea queste belle parole rivolte al marito: “Perché piangere, ahimè, una morte felice? La mia gioia eterna viene turbata dalle tue lacrime. Evita, te ne prego, di spargere tristi lamenti; la mia vita l’ho vissuta; nel mio destino non era prevista un’età più lunga. Son perita immaturamente, ma tu, ottimo marito, vivi più a lungo i miei anni ed i tuoi”.
Al terzo figlio Jacopo (o Giacomo) venne assegnato il feudo di Caldes e a Cipriano quella di castel Bragher e Castelfondo. Questa divisione restò abbastanza labile e vaga per l’incombente presenza e autorevolezza del già citato fratello Sigismondo che legava, a doppia mandata, con un patto di solidarietà, i vari rami della dinastia. Per una divisione netta e chiara dei vari feudi si dovette aspettare il decesso di Sigismondo, da tutti considerato come il “senior amile”.
Si giunse così al 9 aprile 1596. Da quella data e con quell’atto l’intero patrimonio di Antonio “il Potente” veniva smembrato in tre parti. Si sanciva così ufficialmente una netta divisione della famiglia Thun in tre rami: Thun di Castel Thun, Thun di Castel Bragher–Castelfondo e Thun di Caldes.