Poesie e racconti
Ave Maria. Alla casa di riposo
Nell’aria le struggenti note
dell’Ave Maria di Gounod.
Altre “Maria” sul pentagramma
della vita vanno,
biascicando nomi e preghiere
in statica processione.
Vanno,
per la nuova virginale via,
passo dopo passo,
in equilibrio incerto
tra un dolce sorriso ed una lacrima,
portando nel cuore
la prima AVE MARIA
ripetuta al figlioletto,
prima del sonno.
Raffaella (RSA di Cles)
Le ragazze e i ragazzi della casa
Non sono angeli,
ma giovani allegre e palestrati,
figlie o nipoti
di altri nonni;
han messo
nello zaino del lavoro
come zavorra,
umanità, forza e pazienza.
Han posato una mantellina
di lana rosa,
su spalle curve
sotto il peso di fragile memoria,
e con coperte calde,
hanno avvolto
ginocchia ossute e doloranti.
Han regalato
sorrisi e giovinezza,
a chi ormai,
possiede solo l’esperienza.
Auguri a voi,
ragazze e ragazzi della casa
e ricordate,
anche se il vostro autunno
è ancor lontano,
“OGNI SORSO D’ACQUA,
OGNI CAREZZA DONATA,
VI VERRà UN GIORNO
RITORNATA”.
ma la ruota gira
e il tempo vola via…
godiamoci per ora
questa bella compagnia!
Dolore
GRIDEREI: DOLORE!
Mentre osservo il ventre di una madre, innamorata della vita, che sogna un futuro pieno di gioia e cosi riesco a bloccare il mio grido in gola!
GRIDEREI: DOLORE!
Mentre guardo gli occhi tristi
e lo sguardo spaventato,
di un bambino col sorriso tirato…
così il mio grido nel mio petto è strozzato!
GRIDEREI: DOLORE!
Rifletto, penso, alle notti di un soldato,
lui sempre con il fucile puntato!
È diversa la nostra paura.
Ascolto il mio grido, diventa preghiera!
GRIDEREI: DOLORE!
Mi fermo e valuto, mio figlio il mio uomo, la vita, tutto quello che mi ha regalato;
…un bacio, un sorriso, una carezza.
E così riesco a spegnere questa mia tristezza!
GRIDEREI: DOLORE!
Vedo nel mondo, la sua disarmonia,
la guerra, la fame, la malattia.
L’insofferenza della gioventù del nostro tempo.
Alzo gli occhi al cielo e sola mi sento!
GRIDEREI: DOLORE!
Sto scrutando, la schiena curva di una vecchia e sola in un letto di bianche lenzuola, sento dolore, tra la gente tutta uguale,mentre il tempo scappa via.
Una stretta al cuore,
e questo mio dolore si smorza via…
Angela Zadra
El Mas di Fandoveri a Tret
Sen pasà e l’era tut serà.
Serà le porte, le finestre,
el porton dal portech e anch’ia l’us
che da l’andadora el dà sul stabel.
No sentes pù nar l’aca che beurava
i ch’iavai e men che men mugir
le vach’ie en ta stala.
Chesta l’e la ch’iasa endoche è nat
e fin a l’an pasà viveva la Silvia:
l’ultima sorela…
da na famiglia perben.
Volevi sonar el ch’iampanel
come favi semper par saludarla
e sentir l’Alba, la ch’iagna,
che subit la bufava,
ma me sen fermà come
si volesite disturbar calcun.
Me ricordi che naves ent
e vedeves le sch’iale de legn
che nava su aut semper bele nete
freiade col brusch’in.
La cosina cola taula en mez,
granda par far posto a tuti e dies
i componenti dala famiglia,
el foglar semper che ardeva
d’ista’ e d’invern cola moka pronta
par far el cafè ai tanti che niva
a gh’iatarli.
El seclar de prieda e la crona
col centrin con tante foto
dai parenti oramai morti
o entorn par el mondo.
La finestra che dava vers la val
come scasi colegar Tret e Tragiou:
el paes da ‘ndoche niva la famiglia.
I era partidi a pè: pare, mare,
e i primi nati col ch’iar tirà
dale vach’ie e sul sch’ialà
doi bau’i con puech’ia roba
ma tant coragio
dopo aver sentù che a Tret gh’iera
en vendita el mas di Fandoveri.
Con sacrifizi e tanta voia de laurar
la famiglia la se engrandida,
entorn al mas i pradi i era
semper sieiadi, gh’iera ch’iampi
en patate, de sgh’iala
e anch’ia d ‘orz.
Col temp calcu’n se maridà,
doi sorele le è nade en Merica
ma el lija’m en tra de ei
l’e semper sta da esempi.
…Fon amò el giro dala ch’iasa,
el vent el sofla le fueie da l’albera
e pensi, prima de narmin,
al ben che ste persone
co la so semplicità le ha dat!
Carlo Graziadei da Fon
Nota: in alcuni paesi dell’alta val di Non nelle parole come ch’iasa o ch’iavai il ch si pronuncia come l’ich tedesco.