La discendenza di Volcmaro di Burgstall
Pietro Spaur figlio di Baldassare (parte quinta)
Dopo il periodo in cui la sede papale provvisoriamente fu spostata ad Avignone nel 1309, ad opera del papa francese Clemente V (Bertrand de Got), in difesa della sua incolumità, visti i disordini che al tempo animavano la città eterna e l’intera penisola Italica, finalmente era maturato il tempo del suo rientro a Roma. Fu grazie ad un altro papa francese, Gregorio XI, su consiglio e supplica di Santa Caterina da Siena, che questi nel 1377 vi fece ritorno. L’anno dopo morì ed il suo successore, il napoletano Urbano VI (Bartolomeo Prignano) si trovò subito a scontrarsi a distanza di soli 5 mesi dalla sua nomina, con l’elezione presso Fondi di un anti-papa, il francese Roberto di Ginevra sotto il nome di Clemente VII, in rappresentanza dei cardinali ostili al papa italiano, eleggendo poi come propria sede Avignone; il conclave si svolse presso il palazzo di Onorio I Caetani, di fatto l’artefice del ritorno di Gregorio XII, grazie al suo copioso prestito concessogli. Seguirono decenni in cui la Chiesa d’occidente presentò la simultaneità di due papi con ovvie ricadute sulla popolazione che si sentiva sempre più confusa e sfiduciata. Questo periodo è passato alla storia come lo “scisma d’occidente” e terminò nel 1418, grazie al Concilio di Costanza che nominò Martino V (Oddone Colonna) quale unico pontefice legittimato. Al tempo vi era da una parte il papa romano Gregorio XII e dall’altra l’anti-papa avignonese Benedetto XIII; ai due si contrapponeva inoltre l’altro anti-papa Giovanni XXIII (Baldassare Cossa) eletto nel conclave di Bologna del 1410 in sostituzione del defunto Alessandro V (Pietro Filargo) votato l’anno prima a Pisa nel cui concilio si decise la deposizione degli altri due papi regnanti.
A Costanza si giunse alla destituzione di Gregorio XII che accettò, alla condizione che ufficialmente si dicesse che era stato lui ad indire il conclave, ed a quella di Benedetto XIII dietro un lauto indennizzo in denaro pagato dal re Sigismondo di Lussemburgo grazie alle cessioni di numerose città e fortezze, appartenute a Federico IV d’Asburgo ormai umiliato e sottomesso al volere del re, causa l’appoggio dato a Giovanni XXIII per la sua fuga da Costanza.
Il 16 febbraio 1415 il Concilio chiese al papa Giovanni XXIII di rinunciare alla sua carica ed il 1° marzo dopo varie tribolazioni egli dovette accettare, dichiarando la sua decisione libera e presa senza costrizione con l’obbligo di mantenere la pace nella Chiesa, salvo poi fuggire nella cittadina svizzera di Sciaffusa (dal 1330 città controllata dagli Asburgo); a copertura della fuga di li imminente il papa regalò una rosa d’oro al re Sigismondo che compiaciuto la portò in processione per tutta la città di Costanza; nel contempo il 21 marzo il duca Federico IV organizzò un torneo tra cavalieri che vide contrapposti, lui ed il cognato del re (il conte Cilli), con il combattimento che si protrasse fino a sera; nel frattempo il papa, favorito dall’oscurità, ormai travestito da servo, si dirigeva verso Ermatingen, dove era pronta una barca che lo avrebbe portato a Sciaffusa. Saputo del buon esito della fuga Federico IV lasciò vincere il suo avversario e con alcuni fidati raggiunse anch’egli la città svizzera. Venuto a conoscenza di tale affronto, il re Sigismondo di Lussemburgo divulgò un proclama reale in cui si affermava che “tutte le terre e le persone appartenute a Federico IV d’Asburgo, dovevano essere sciolte dalla loro obbedienza verso di lui e che queste entravano a far parte del Regno (Sacro Romano Impero germanico), quindi sotto il controllo diretto dell’imperatore; inoltre fu espressamente vietato ai nobili ed alle genti, di accoglierlo, ospitarlo, dargli cibo, foraggio, aiuto, stima, stare con lui o mantenere rapporti con lui”.
Il re esortò l’intero Impero, signori e città, clero e secolari, ad esprimersi in fretta contro il duca d’Austria, e allo stesso tempo dichiarò nulli tutti i trattati di pace, le alleanze e i giuramenti che questi aveva concluso sino a quel momento. Federico IV era ormai solo, le sue terre confiscate, nell’attesa dell’avvenuta riconsegna del papa Giovanni XXIII; mai una tale umiliazione era accorsa al casato più potente dell’impero germanico.
A questo punto il papa si trasferì a Friburgo su ordine del duca Federico IV, salvo poi essere richiamato pubblicamente quattro volte, e quando questi non apparve fu sospeso dal papato e il processo contro di lui iniziò formalmente. Federico IV nel contempo fu fatto prigioniero ed incarcerato per ben 10 mesi, salvo poi fuggire con la complicità di un secondino addetto alla guardia; mentre Giovanni XXIII fu affidato alla custodia dei fedeli del re e rimase in territorio tedesco per altri due anni. L’avvenuta cattura di Federico IV e la conseguente consegna al re di tutte le sue terre, portò in breve tempo allo scoppiò di molti tumulti e disordini che non risparmiarono neanche la valle di Non. In quel periodo Pietro Spaur iniziò la sua fulminea conquista dei manieri e territori a lui confinanti, potendo contare anche sulla protezione di Ernesto I d’Asburgo, fratello maggiore di Federico IV che aveva preteso e rivendicato la storica indipendenza del Tirolo dalla sottomissione all’imperatore del Sacro Romano Impero e quindi dall’attuale re Sigismondo di Lussemburgo, anche grazie al determinante sostegno di gran parte della nobiltà, storicamente fedele al suo casato. Il re in persona aveva precedentemente avvalorato l’elezione quale governatore del Tirolo di Pietro Spaur, e quindi in seguito inviato dei plenipotenziari reali, con pieni poteri, ad Innsbruck (divenuta sotto Federico IV la capitale tirolese) per suo nome, invitando gli Asburgo alla rinuncia del loro vecchio dominio, il Tirolo, con l’obbligo di rendere omaggio allo Spaur.
Con orgoglio tipicamente nobiliare, i presenti respinsero una tale impertinenza e risposero al re che da tempi ormai lontani, essi erano liberi da lui e che giuravano solo a quel principe che deteneva il “Castello del Tirolo”. Imbarazzati i messi si allontanarono, avendo già portato con se una lettera di sostegno per Pietro Spaur e per tutti coloro che volevano andare a rendere omaggio al re a Costanza. I rappresentanti dei territori considerarono saggio avere un loro rappresentante prossimo al duca Federico IV nel paese, e fu così che molti nobili scrissero al duca Ernesto I, suo fratello, chiedendo lui di venire in Tirolo ed assumere provvisoriamente il governo; Ernesto accettò ovviamente ben volentieri. Il 22 giugno 1415 le autorità del Tirolo, si riunirono a Bolzano sotto la guida del capitano del territorio Pietro Spaur e del vescovo di Bressanone, rendendo omaggio al duca Ernesto I d’Asburgo, il quale confermò loro le libertà ed i diritti che avevano goduto fino ad all’ora e li elogiò per la loro fedeltà alla casa d’Austria.
Forse grazie a questo gesto di gratitudine, Ernesto I, favorì le conquiste fatte da Pietro Spaur nei territori nonesi e non solo, instaurando con lui una complice alleanza che avrebbe favorito in seguito la legittimazione di quanto invaso. Tra questi vi era castel Belfort a Spormaggiore presente all’interno della giurisdizione di Sporo che veniva governata ed amministrata da castel Sporo–Rovina e del cui territorio facevano parte Sporminore ove aveva sede il tribunale, Spormaggiore e Cavedago.
Già dopo l’estinzione della famiglia dei Tissoni che edificò castel Belfort nel 1311, gli Spaur rivendicarono il diritto alla proprietà sul maniero, salvo poi vederselo sfuggire causa l’assegnazione data alla famiglia Reifer, da parte del conte del Tirolo. La giurisdizione di Belfort comprendeva Andalo e Molveno, senza Spormaggiore.
(continua…)