Pensione ai superstiti: indiretta e di reversibilità
Nei precedenti interventi ci siamo soffermati sulle principali pratiche successorie da porre in essere in caso di morte di un nostro caro al fine di subentrare nell’eredità da questi lasciata. In questo articolo andremo a trattare un argomento in qualche modo connesso con tale tematica, quello della cosiddetta pensione ai superstiti, una prestazione dal carattere previdenziale ed assistenziale riconosciuta in favore di alcuni familiari del lavoratore o del pensionato deceduto.
La cosiddetta pensione ai superstiti prende il nome di pensione di reversibilità nell’ipotesi in cui il defunto fosse un pensionato, e di pensione indiretta, nel diverso caso in cui il de cuius non avesse ancora maturato il diritto alla pensione, e fosse pertanto ancora in attività.
E’ bene sin d’ora specificare come tale ultimo trattamento sia riconosciuto solamente nel caso in cui il lavoratore, al momento della morte, avesse già maturato quindici anni di anzianità contributiva, oppure ne avesse maturati cinque, di cui almeno tre nel quinquennio precedente la data del decesso.
La pensione ai superstiti spetta solamente ad alcuni persone espressamente individuate dalla legge tra i familiari del defunto, ed in particolare:
- al coniuge o al membro di un’unione civile. Sulla spettanza di tale trattamento al coniuge separato si era in passato assistito allo scontro tra due orientamenti giurisprudenziali. Una prima tesi sosteneva che la pensione ai superstiti dovesse essere erogata solamente in favore del coniuge separato titolare di un assegno di mantenimento a carico del defunto (Cass. 6684/2009), mentre un secondo indirizzo giurisprudenziale ammetteva al trattamento tutti i coniugi separati. Ad oggi parrebbe essere prevalso quest’ultimo orientamento (Cass. 9649/2015). La pensione ai superstiti viene erogata anche in favore del coniuge divorziato, a condizione che sia titolare di un assegno divorzile, non si sia risposato, e l’inizio del rapporto assicurativo sia anteriore alla data della sentenza con cui è stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Qualora il defunto, in seguito al divorzio, si fosse risposato, in presenza di determinati requisiti, si potrebbe configurare un concorso nel trattamento tra l’ex coniuge e quello attuale. In questo caso sarà il Tribunale a definire le quote spettanti a ciascuno di questi. Su tale questione ci siamo già soffermati nell’edizione de “il Melo” di settembre 2020 cui si rimanda.
- ai figli, ed in particolare:
- ai figli minorenni alla data del decesso del dante causa;
- ai figli inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso indipendentemente dall’età;
- ai figli maggiorenni studenti, a carico del defunto al momento del decesso, che non prestano attività lavorativa e che frequentano scuole o corsi di formazione professionale equiparabili ai corsi scolastici, nei limiti del ventunesimo anno di età;
- ai figli maggiorenni studenti, a carico del defunto al momento del decesso, che non prestano attività lavorativa e che frequentano l’università, nei limiti della durata legale del corso di studi e non oltre il ventiseiesimo anno di età. Deve considerarsi “a carico del defunto” il figlio non autosufficiente ed abitualmente mantenuto dal genitore quando questi era ancora in vita. Ai fini dell’accertamento di tale requisito è data solitamente grande rilevanza alla convivenza del figlio superstite con il de cuius. Il diritto al trattamento non viene meno se i figli svolgono un’attività lavorativa dalla quale traggano un piccolo profitto, purché tale ulteriore reddito non ecceda il trattamento minimo annuo di pensione previsto dal Fondo Pensioni lavoratori dipendenti maggiorato del 30%, riparametrato al periodo di svolgimento dell’attività lavorativa;
- ai nipoti, nei limiti indicati per i figli, se conviventi con il deceduto ed economicamente non autosufficienti qualora i genitori dei medesimi si trovino nell’impossibilità di provvedere al loro mantenimento; o anche non conviventi con il de cuius ma dallo stesso abitualmente mantenuti;
- ai genitori del defunto con più di 65 anni e privi di pensione che erano a carico del de cuius al momento della sua morte, in assenza di coniuge e figli del deceduto aventi diritto al trattamento;
- ai fratelli celibi e sorelle nubili del defunto inabili al lavoro e non titolari di pensione a carico del de cuius al momento della sua morte, in assenza di coniuge, figli o genitori di quest’ultimo.
La pensione ai superstiti è un trattamento di previdenza, il cui ammontare corrisponde a una percentuale della pensione spettante al defunto, o a una percentuale della pensione alla quale quest’ultimo avrebbe avuto diritto, di importo variabile in base alla tipologia dei superstiti ed alla composizione del nucleo familiare.
Gli importi dei trattamenti erogati ai superstiti sono cumulabili con i redditi dei beneficiari degli stessi ma solamente entro limiti ben determinati dalla legge. Sono poi previsti alcuni casi in cui tali limiti non trovano applicazione, si tratta perlopiù di fattispecie in cui il beneficiario del trattamento appartiene a un nucleo familiare in cui vi sono figli minori, studenti o inabili.
Da ultimo si precisa come la pensione ai superstiti, sia di reversibilità che indiretta, spetterà ai beneficiari della stessa dal primo giorno del mese successivo a quello della morte del de cuius, indipendentemente dalla data di presentazione della domanda volta ad ottenerla.