Il Castello di Mezzolombardo e la famiglia Tamanini: un racconto fra tradizione e modernità

Il Castello di Mezzolombardo e la famiglia Tamanini: un racconto fra tradizione e modernità

“Per Marco Tamanini abitare il castello significa vivere tra le mura che hanno visto passare generazioni e continuano ad essere un rifugio e un legame con il passato”.

A ridosso dell’abitato di Mezzolombardo, affacciato sulla piazza delle erbe, si erge un castello che oltre alla storia di un luogo, racconta pure quella degli attuali proprietari.

A narrare le vicende che intrecciano il passato e il presente di quest’angolo di paese è proprio Marco Tamanini, che ad oggi vive nel castello assieme al fratello.

Questa storia inizia ai primi del Novecento con Saverio Tamanini. Bisnonno di Marco, era originario della Valsugana, si trasferì a Mezzolombardo dove si sposò con Adele, proprietaria del Mulino. Un luogo importante, perché, riprendendo Marco, è stata realizzata la prima tessitura meccanica trentina.

Le immagini di quel periodo mostrano macchine tessili azionate da complessi sistemi di cinghie in cuoio e alberi di trasmissione, innovazioni che negli anni a venire avrebbero influenzato l’attività della famiglia.

Adele e Saverio avviarono l’attività sfruttando l’esperienza tecnica acquisita da quest’ultimo nelle scuole tessili della Boemia. Con grande lungimiranza posero le basi per una tradizione familiare che avrebbe resistito al tempo.

Nel 1941, Rinaldo Tamanini, nonno di Marco, acquistò il castello dai baroni di Unterichter per 80.000 lire. Una scelta ed una spesa audace se paragonata all’epoca, possibile solo con il ricavato del commercio di legname proveniente dai boschi circostanti.

Il castello, nei propri spazi ampi e rustici, si rivelò perfetto per ospitare sia la famiglia sia i macchinari tessili.

«Ricordo quand’ero bambino, vivevamo qui tra i telai e le stoffe – racconta Marco -. Il castello non era solo un’abitazione, ma un luogo di lavoro dove ogni angolo raccontava la fatica e l’ingegno dei miei avi.»

La tessitura produceva stoffe di cotone e misto lino, destinate sia agli ospedali sia al settore militare. Ma produceva anche materiali per tappezzerie e flanella.

Negli anni 70, i telai vennero trasferiti in nuovi capannoni e il castello pian piano venne usato come semplice abitazione. Rimase però il reparto di confezionamento della produzione.

L’industria tessile stava però vivendo un cambiamento radicale, al punto che nel 2004 l’attività cessò definitivamente.

«Dopo la morte del nonno, abbiamo deciso di ospitare eventi privati, aziendali e matrimoni. – spiega Marco -. Non è facile mantenere un luogo così antico, ma è nostro dovere preservarlo».

«Penso che qualche sala del castello sarebbe potuta diventare un museo della tessitura – riflette Marco -. Si poteva recuperare e conservare qualche antico telaio e molti ricordi legati a quel mondo. Sarebbe stato un modo per onorare chi ci ha preceduti».

Al proposito, il Castello di Mezzolombardo può contare anche su una storia ben più antica di quella raccontata finora. Come scrive Francesco Filosi nelle pagine conclusive del libro “Notizie storiche di Mezzolombardo”, il più antico documento che parla di questo maestoso maniero risale al 1271.

Gli studi delle carte comunali e della parrocchia, come specifica lo stesso Filosi, riassumono che il castello apparteneva alla casa di Metz come feudo della chiesa di San Vigilio. Si sa che questa famiglia era divisa in due rami: Mezolombardo e Mezotedesco. Con la morte di Adalperio, ultimo del ramo di Mezolombardo, non è ben chiaro a chi passa la proprietà del castello. Filosi riferisce però che il principe vescovo Egnone lo concesse al conte del Tirolo, Mainardo.

Verrà restituito alla chiesa di San Vigilio solamente nel 1314 dal figlio di Mainardo, per «scrupoli di coscienza». Venne poi preso in consegna da Gralando, che morì senza figli maschi nel 1335, passando di mano dopo una serie di vicissitudini a Volcmaro di Burgstall. Quindi ebbe inizio l’era degli Spaur e i vari cambi di proprietari.

L’ultima proprietaria annotata da Francesco Filosi è Elisa vedova contessa Welsberg, la stessa che divenne proprietaria pure dei beni feudali, però al prezzo di 2.000 fiorini.

Daniele Bebber