Pensieri d’autunno
Ne abbiamo parlato altre volte ma come dicevano i latini, repetita juvant, detto che parafrasando significa che su certi tasti non si picchia mai abbastanza. Il tasto da battere è quello dell’identità e dell’orgoglio di valle e del proprio territorio, un valore che con la globalizzazione si è via via annacquato e che ora con il calo delle nascite, l’invecchiamento della popolazione e l’emigrazione giovanile si sta velocemente accentuando. È triste girare nei paesi con le imposte sempre chiuse perché in caseggiati enormi che un tempo pullulavano di vita non c’è più nessuno.
Così vengono meno i servizi e questa assenza disincentiva sul nascere un possibile ritorno di giovani famiglie.
Come ha riportato recentemente la stampa citando uno studio della Camera di Commercio di Trento, i punti vendita di paese in dieci anni sono diminuiti in val di Non del 18,6%, del 22,4% in val di Fiemme, del 21,2 in Valsugana e Tesino, e del 19,4 in Giudicarie.
Tra gli ultimi a ‘cadere’ in val di Non lo storico “Alimentari Benvenuti” a Tassullo, non certo un paese piccolo dove si è abbassata la serranda dopo cento anni, e il punto vendita cooperativo a Caltron, popoloso sobborgo di Cles.
Un vero e proprio salasso perché spesso le saracinesche che si abbassano vanno a concludere lunghe storie addirittura secolari come è successo a Tassullo, o sono provocati da scarsa fidelizzazione dei residenti che preferiscono altre forme di acquisto, salvo poi lamentarsi quando il comodo negozietto sotto casa se ne va per sempre.
Dopo l’estate da che mondo è mondo torna l’autunno e con l’autunno le piogge e ripartono i disastri: un copione che si ripete di anno in anno ma la lezione non la capiscono e al posto delle soluzioni tornano i rimpalli sulle responsabilità e si contano i danni aspettando una nuova alluvione.
Le immagini delle città e dei campi allagati in Emilia Romagna e in altri territori sono il replay di cose già viste e riviste. Fa rabbrividire l’ipotesi che la causa possa essere la mancata manutenzione con ponti che fanno da diga a tronchi e detriti abbandonati in alveo o di argini rimasti in balia di sé stessi per non disturbare, per l’anima bella di qualche ecologista da salotto, le specie animali che vi hanno trovato dimora.
Per coprire il tutto si ricorre all’alibi del cambiamento climatico e si evita così di guardare con occhi finalmente disincantati la realtà che spesso è molto più semplice di quello che sembra, basta ragionarci su senza ideologie precostituite e ricordare le lezioni che ci vengono dalla cronaca. L’ultima trovata è quella di una difesa ‘passiva’ obbligatoria delle abitazioni e delle attività case con una polizza che ti protegga dall’acqua e dai disastri del tempo. Come se tutto si potesse semplicemente monetizzare e non convenga invece intervenire davvero per una difesa ‘attiva’: perché se una casa o un’azienda è spazzata via dal torrente o dal fiume in piena non spariscono solo i muri ma anche storie, ricordi, attività, lavoro e futuro.
Quelli ambientali sono tra i rischi più temuti dalle compagnie assicuratrici, sono difficilmente prevedibili e se lo diventano, quel bene automaticamente non verrà assicurato da nessuno. Secondo i dati Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) l’Emilia-Romagna ha il 45,6% del territorio potenzialmente allagabile, la popolazione esposta supera il 60%. Assicuriamo tutti?
E chi paga?