Il comproprietario può asservire il terreno in comunione ad un fondo di sua esclusiva proprietà?

Il comproprietario può asservire il terreno in comunione ad un fondo di sua esclusiva proprietà?

Negli ultimi mesi sono pervenute alla nostra redazione diverse richieste volte ad ottenere dei chiarimenti sulle modalità di godimento dei beni in comunione. In questo articolo andremmo quindi ad analizzare la materia sottoponendovi un caso pratico di frequente verificazione anche nella nostra realtà.

Il caso.

“Tizio e Caio sono due fratelli comproprietari per la quota di un mezzo ciascuno di un terreno, detto “fondo A”, ereditato dal padre deceduto ormai qualche anno fa. Tale terreno viene da anni utilizzato da entrambi i comproprietari, i quali lo hanno in parte adibito ad orto, lasciandolo incolto per la restante parte. Tra i fratelli non vi erano mai state discussioni in ordine alle modalità di godimento del fondo, ma di recente Caio ha acquistato il terreno confinante, detto “fondo B”, e da quel momento le cose sono cambiate. Infatti, nonostante il “fondo B” sia già dotato di autonomo accesso alla via pubblica, Caio ha iniziato a transitare sul “fondo A”, in comproprietà tra i fratelli, per accedere e recedere alla/dalla via pubblica dal/al “fondo B”. Caio sostiene che in qualità di comproprietario del “fondo A” è suo diritto transitare su detto terreno per raggiungere il “fondo B” di cui è proprietario in via esclusiva. Tizio si oppone a tale pretesa, rilevando che il “fondo B”, di proprietà esclusiva di Caio, ha già un proprio accesso alla via pubblica e non ha mai goduto di un diritto di passo di qualsivoglia genere e specie a carico del fondo in comproprietà, il quale deve quindi rimanere libero da ogni aggravio”.

Quale dei due fratelli avrà ragione?

Per risolvere il caso dobbiamo innanzitutto affrontare un tema molto delicato e spesso oggetto di controversie, quello dei limiti alle facoltà di ciascun compartecipe di godere del bene in comunione.

La materia è regolata dal nostro codice civile all’art.1102 c.c., il quale, al suo primo comma, prevede che “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”. L’utilizzo dei beni in comunione è quindi sottoposto a due limiti: il divieto di alterare la destinazione della cosa comune e quello di impedire agli altri compartecipanti di farne parimenti uso. Sul punto è bene sin d’ora precisare come il concetto di “pari uso” riportato nella norma non vada inteso nel senso di identico uso, cosa che comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene comune a proprio vantaggio. La giurisprudenza ammette infatti che uno dei compartecipi possa fare un uso più intenso della cosa comune rispetto agli altri, dovendo però sempre garantire anche agli altri comproprietari la possibilità di farne uso. Tale norma non impedisce quindi al comproprietario di usare il bene comune per fini esclusivamente propri, traendone utilità.

Un tanto premesso, vi è ora da chiedersi se la facoltà riconosciuta dalla legge a ciascun comproprietario di godere del bene comune possa consentire ad un compartecipe di asservire un terreno in comunione ad uno

di sua esclusiva proprietà, ad esempio istituendo a favore di tale ultima proprietà un passaggio sul terreno comune per accedere dalla via pubblica.

La questione è stata affrontata dalla giurisprudenza la quale ha costantemente affermato che l’uso della cosa comune da parte di un comproprietario a vantaggio di un bene di sua esclusiva proprietà, costituisce un abuso, non solo quando alteri la destinazione della cosa, ma anche quando si risolva in un’attività corrispondente all’esercizio di una servitù, poiché si risolve nell’imposizione di fatto di una limitazione di carattere reale al diritto di proprietà, che non rientra tra le facoltà del partecipante alla comunione, ma è consentita unicamente con il consenso di tutti i compartecipi (Cass. Sez. II, 18/03/2010 n.6550).

Sulla base di tale principio è stata ritenuta illegittima la condotta di un condomino che, essendo proprietario di un garage posto su un terreno in sua esclusiva titolarità confinante con l’andito condominiale, aveva iniziato a transitare a piedi e con veicoli sul cortile condominiale per raggiungere il proprio garage.

Applicando tali principi al caso sottoposto è quindi evidente come la controversia insorta tra i fratelli Tizio e Caio vada risolta in favore del primo, non potendo Caio pretendere di transitare sul fondo in comproprietà per raggiungere il proprio terreno. Tale transito si risolverebbe infatti in un aggravio corrispondente all’esercizio di una servitù di passaggio, che il comproprietario non può imporre sul terreno in comunione senza il consenso degli altri compartecipi. Caio non potrà quindi transitare sul fondo in comproprietà per raggiungere il terreno di sua esclusiva proprietà se non con il consenso di Tizio. In mancanza di tale consenso Caio dovrà quindi astenersi dall’effettuare tali transiti.

avv. Daniele Leonardi