Come recuperare le minusvalenze
Si realizzano delle minusvalenze quando si vende uno strumento finanziario in perdita. Purtroppo, negli ultimi anni i violenti cali dei mercati provocati da eventi straordinari come ad esempio la pandemia, la guerra in Ucraina ed ora quella in Medio Oriente, in alcuni casi hanno creato delle forti perdite, in
particolare su strumenti azionari, se il risparmiatore, non adeguatamente informato ed assistito, ha venduto in preda al panico gli investimenti.
Quella descritta può essere considerata una casistica che purtroppo si ripete periodicamente, in quanto il risparmiatore medio tende ad acquistare ai massimi dei mercati e a vendere ai minimi.
Ma in realtà il fenomeno è più complesso perché ci sono altri casi che meritano di essere analizzati.
Mi riferisco ad esempio alle massicce perdite realizzate nei portafogli dei risparmiatori delle nostre valli in seguito all’investimento su fondi obbligazionari HY asiatici/dei Paesi emergenti. Una categoria di fondi ad alto rischio che purtroppo molti nostri valligiani hanno sottoscritto: H.Y. sta per HIGH YIELD cioè titoli ad alto rischio e alto rendimento. Ma si può conciliare alto rendimento e sicurezza? I titoli inseriti in questi fondi sono obbligazionari, cioè rappresentano dei prestiti che l’investitore, tramite il fondo comune, fa ad aziende che hanno un rating molto basso, di norma dal BBB- in giù (il RATING è un indice della solidità di un’azienda). Quindi sono stati investiti i risparmi in investimenti su aziende molto rischiose che, pur di ottenere il prestito, sono disposte a pagare interessi a tassi alti. Come già riportato nel 2022 su “Il Melo” da Giorgio Leonardi, in un articolo dedicato a questa tipologia di investimenti, sottoscrivere le obbligazioni ad alto rendimento è molto rischioso: ben si ricorda chi ha investito nei titoli dell’Argentina che rendevano il 9 o 10%, poi tutti sappiamo cosa è successo. Non intendo in questa sede entrare nel merito di queste operazioni, mi limito a considerare che essendo le sottoscrizioni di questi strumenti diffuse su molti risparmiatori, ciò significa che sono stati proposti dagli Istituti di Credito e non che sono stati richiesti dai sottoscrittori.
Per tornare al tema minusvalenze, ci dobbiamo chiedere come si esce da questa situazione.
A questo punto va fatto un distinguo, in quanto ci sono due situazioni:
a) chi ha investito in strumenti che tuttora ha in portafoglio con una perdita che diventerà minusvalenza quando venderà;
b) chi negli anni scorsi ha venduto l’investimento fatto e quindi ha realizzato una minusvalenza.
E potrebbe trattarsi di tanti soldi, perché gli importi investiti sono anche di decine di migliaia di euro e le perdite su fondi obbligazionari HY arrivano anche al 40-50% dell’investimento fatto.
Cosa fare quindi:
a) chi ha già venduto gli investimenti in perdita deve chiedere alla banca una Certificazione delle Minusvalenze Storiche. Va ricordato che le minusvalenze sono legate al codice fiscale, quindi se l’investimento è cointestato a uno o più soggetti la perdita è divisa equamente tra di loro. In questo caso la normativa permette di recuperare il credito fiscale da minusvalenza nei quattro anni successivi al suo manifestarsi e quindi ad esempio una perdita realizzata con la vendita di uno strumento finanziario nel 2020 va recuperata entro il 31.12.2024 altrimenti viene perso il credito fiscale. La perdita della possibilità di recuperare una minusvalenza fiscale è una cosa grave perché la tassazione sugli investimenti finanziari, salvo i soli titoli di stato, è del 26% e quindi si porta via una fetta importante del rendimento. Inoltre, non tutti gli strumenti finanziari sono idonei al recupero della minusvalenza, quindi si rischia una doppia perdita: pago le tasse sugli investimenti in guadagno e non recupero il credito fiscale della perdita passata. Esempio: se ho una perdita di 10.000 euro su un fondo, quando lo vendo genero un credito d’imposta di 2.600 euro. Questo credito però non lo posso compensare con le imposte che devo pagare vendendo un altro fondo in guadagno. Cioè, se su un altro fondo guadagno 10.000 euro, alla fine mi ritrovo che la perdita lorda “si è azzerata”, ma ho pagato 2.600 euro di tasse e ho un credito di 2.600 euro verso lo stato. Se non compenso questo credito entro 4 anni (NB: investendo in azioni o obbligazioni, non in fondi), perdo definitivamente 2.600 euro.
Questo aspetto è spesso sottovalutato da parte dei risparmiatori perché non conoscono il tema e purtroppo va segnalato che qualche istituto di credito non evidenzia nei report le perdite storiche, una ferita nel rapporto con il cliente che si cerca di far dimenticare.
Quindi è importante che tutti chiedano il report delle minusvalenze storiche e al tempo stesso, qualora queste sono presenti, si chiedano spiegazioni su cosa è stato fatto fino ad oggi per recuperarle e cosa si intende fare d’ora in poi considerato che la durata massima per l’utilizzo del credito d’imposta è di quattro anni. Qualora riteniate che le risposte ricevute non sono chiare o sufficienti, vi consiglio di confrontarvi anche con altri operatori del settore finanziario.
b) Per chi ha investito in strumenti che presentano ora delle perdite, ma non sono ancora stati venduti e quindi non si è maturata la minusvalenza, le cose da fare sono altre. Innanzitutto, è fondamentale avere un report di tutti gli investimenti fatti con l’istituto con i valori al costo storico fiscale e quello alla data del report, e, se presenti, anche i report degli altri istituti. In questo modo si riesce a capire se a fronte di minusvalenze ci sono anche dei guadagni su altri investimenti che si possono realizzare.
Ricordo nuovamente che non tutti gli investimenti danno la possibilità di compensare le plusvalenze con le minusvalenze, ad esempio i fondi comuni, molto diffusi tra i nostri valligiani, non prevedono la compensazione tra di loro. Una volta che la situazione del portafoglio attuale è chiara, e a quella si aggiungono eventuali minusvalenze storiche attraverso il report Minusvalenze, si deve decidere come comportarsi d’ora in poi.
Purtroppo, in presenza di perdite consistenti, normalmente l’atteggiamento assunto dai risparmiatori è quello di stare fermi e sperare in un recupero. Se questa è una scelta ben precisa, motivata da una valutazione attenta sulle prospettive di recupero di valore dell’investimento, va bene, se invece è un tentativo di portare avanti la decisione o di “nascondere la polvere sotto il tappeto” questo comportamento è molto dannoso, in quanto come detto rischio di pagare imposte e non recuperare la perdita.
Anche in questo caso consiglio il supporto di esperti indipendenti, che vi possano affiancare nella valutazione del problema e nell’individuazione delle soluzioni da prendere.