Tecnica e uomini per la diga di S. Giustina (1941-1951)
Il lago di S. Giustina è ormai elemento caratterizzante per le valli del Noce. Macchia verde-azzurra nei giorni sereni, grigia durante il brutto tempo; incolpata del mutamento di clima per i paesi interessati, fonte grandiosa di energia per industrie e fabbriche anche lontanissime.
Il bacino artificiale ha una sua storia., comincia nel periodo fra le due guerre.
L’ispiratore della diga di S. Giustina fu l’ing. Angelo Omodeo, che nel 1923 aveva sbarrato il fiume Tirso in Sardegna con una diga alta 70 metri. Il bacino del Lago Omodeo risultò di 22 km. quadrati (l’invaso misura circa km. 20 x 3, con una profondità massima di 60 metri). Da quelle centrali viene il dieci per dell’elettricità sarda.
In Trentino, S. Giustina segue le centrali solandre degli anni ‘20 (Pian Palù, Careser)’ e lo sbarramento di Mollaro, costruito fra il 1926 ed il 1929, portare acqua con una galleria di 9 km. alla centrale di Mezzocorona.
Il progetto dettagliato per una diga sul Noce fra Taio e Tassullo fu realizzato in piena guerra e nella tarda primavera 1941 iniziarono i lavori. Progetto e direzione dell’opera furono dell’ing. Claudio Marcello, che si servì delle ricerche preparatorie dell’ing. Bruno Bonfioli (che operò al serbatoio di Mollaro).
La società Edison si assunse i lavori, con maestranze locali e di fuori regione; fra i realizzatori si annoverano gli ing. Giuseppe Candiani, Carlo de Riccabona e Francesco Contessini. La direzione opere sul posto fu presa dall’ing. A. Gervaso.
Dopo i lavori di preparazione (1941-42) il Noce defluire in una galleria lungo il versante Ovest della valle fino a circa 250 metri oltre la diga da costruire.
Finiti i primi lavori, nel 1942-43 si scavarono le spalle ed il fondo della futura diga asportando più di 80 mila metri cubi di materiale.
I fianchi del manufatto vennero incassati nella roccia a destra ed a sinistra per una profondità di 10-20 metri. Il terreno circostante fu reso impermeabile con una fittissima rete di iniezioni di cemento
La forra del Noce permise un’opera gigantesca, che si corre un muraglione enorme, alto 152,5 metri; dal fondo del torrente i metri sono 137,5. La curvatura copre metri 124,2; lo spessore del manufatto varia dalla base (metri 16,5), al pelo dell’acqua (metri 11); alla cima (metri 3,5).
Nel 1951 la diga era completata. Il materiale usato per la costruzione fu il calcestruzzo. con un’ingabbiatura metallica. Esso fu ancorato fino a 100 metri di altezza nella roccia circostante; per altri 40 metri si procedette alla saldatura con contrafforti laterali in cemento armato. Ne risultò un manufatto di circa 112 mila metri cubi, comprese le spalle a gravità che tengono il coronamento.
La Edison diede il via al primo invaso nel 1951. Il lago. che si formò, è lungo fino a km. 7,5 e largo al massimo km. 2.5.
Vennero inghiottiti dall’acqua alcuni masi (tra cui il Mas del lago. le Ischie, i Molini di Revò, oltre ai ponti famosi: Ponte Alto e Ponte della Mula, visibili ormai solo in primavera, quando si fa la pulizia del bacino). La profondità media è di 25 metri, ma al fronte della diga si arriva a 140 metri. Il perimetro totale del lago di S. Giustina è di circa 34 km. (due terzi in sponda sinistra, verso Est).
II bacino di raccolta supera i 1000 km. quadrati – in pratica quasi un sesto del Trentino – comprendendo l’apporto del Noce, del Barnés, della Pescara, della Novella e del Rio S. Romedio ed abbracciando un dislivello che dai 3757 metri del Cevedale scende fino ai 500 della diga.
L’invaso contiene oltre 182 milioni di metri cubi d’acqua: il serbatoio utile supera i 171 milioni di metri cubi.
Dalla diga una galleria forzata, lunga più di 2 km. dirige verso Taio (il suo diametro è di m. 5,20): al termine è stato ricavato il pozzo quasi verticale per la condotta forzata (al massimo 66 metri cubi d’acqua di derivazione al secondo). Nella centrale, che è a 16 metri sotto l’alveo del Noce. funzionano in caverna tre turbine, che producono in media 300 mila Mw /h all’anno. La galleria di scarico, che scende al serbatoio di Mollaro. supera i due km. di lunghezza.
Il prof. Gino Tomasi ritiene che il lago artificiale sia completamente armonico con il restante paesaggio (la zona allagata era prima un’area paludosa. con ampie zone a bosco e pascolo ed un certo numero di terreni coltivati). Sul fondo correva. con meandri e serpentine. il capriccioso letto del Noce.
Santa Giustina, il costo “umano”
Alla costruzione della diga di S. Giustina (il nome deriva dalla chiesetta di S. Giustina vergine e martire. che si trova a Dermulo quasi a picco sulla forra del Noce) lavorarono centinaia di maestranze; molti dei paesi nònesi e solandri, ma anche tanti da fuori.
Durante il decennio tra il 1941 ed il 1951 vi furono parecchi incidenti, con morti e feriti. Alcuni operai persero gli occhi nelle esplosioni ed altri rimasero invalidi per traumi e mutilazioni. Fra costruttori anonimi della gigantesca opera voglio ricordare almeno il nome dei lavoratori, che ci rimisero la vita.
L’elenco, mancando dati ufficiali, è incompleto: un operaio, che lavorò per tutto tempo della costruzione della diga, parla di 22 morti; negli archivi ho trovato solo i nomi di sedici.
Il primo operaio morto nel cantiere di S. Giustina il 7 giugno 1941 fu Umberto Chierici, di 57 anni, residente a Guastalla (Reggio Emilia).
Il 10 settembre 1941. Dopo essere scampato alla leva per la guerra, perì tragicamente Mario Lorandini, 28 anni, di Segno; Bruno Depero di Taio, di 37 anni, morì durante i lavori preparatori (eseguiti dalla ditta S.G.E.C.) il 2 ottobre 1941. Bruno Kaisermann di Dermulo di 19 anni precipitò dall’alto della costruzione il 3 dicembre 1947; lo stesso giorno moriva Pio Valentini, di Tassullo, di 27 anni. Il 28 giugno 1945 fu la volta di Cornelio Tarter, nato a Dardine, di 21 anni.
Il 21 luglio 1948 si sfracellarono sul greto del Noce per un cedimento dei ripari Remigio Carloni (nato a Pola, residente a Dres di Cles) di 16 anni, e Romano Delmarco (di Molina di Fiemme), di 20 anni. Angelo Rigotti di Ton, 23 anni, morì il 18 dicembre 1948 a S. Giustina.
Il 31 marzo 1949 morì in località “Spessa” di Taio Giuseppe Borz di Quetta, di 20 anni, unico figlio di madre vedova, colpito alla testa da un masso.
L’11 luglio 1949 perse la Giuseppe Cimolino di 25 anni, nato a Dignano (Udine): nel medesimo anno, il 2 ottobre 1949, la stessa sorte toccò a Luciano Corn di 19 anni, di Pergine.
Il 28 settembre 1950 cadde dall’impalcatura, morendo sul colpo, Luigi Tomaselli, 56 anni. Ospedaletto (Valsugana).
Santo Samuelli di 38 anni, nato a Gargnano (Brescia) morì il 14 marzo 1951. Umberto Donà di Rocca Pietore (Belluno), residente a Baceno (in provincia di Novara), di 45 anni, operaio capo della Edison, morì sulla diga il 5 luglio 1951, al tempo dell’inizio di invaso del lago.
Nereo Bellotti di Pescantina (Verona), a 20 anni, perì nel cantiere Edison ottobre 1951.
Il ricordo dei morti nei cantieri della diga – e sono riconoscente ai parroci della zona ed agli impiegati dell’anagrafe di Taio e Tassullo, che mi hanno aiutato nelle ricerche – è finora l’unico monumento per quegli umili operai. Forse non sarebbe superflua un’epigrafe con i loro nomi in prossimità dell’opera, che hanno bagnato con il loro giovane sangue.
La lapide di Bruno Kaisermann (è una delle vittime del lavoro alla diga a 19 anni), è nel cimitero di Dermulo.