Giulio Visintainer

L’eclettico Clesiano dai mille volti
Capita, a volte, di voler dire o scrivere qualcosa su un evento o una persona e non sapere da dove iniziare; talmente tante sono le cose che vorresti dire. Ecco, questo è quello che mi è capitato nel voler descrivere la figura di Giulio Visintainer. Insegnante di sostegno per professione e anche, soprattutto, regista di teatro, attore, commediografo, narratore teatrale.
… La sua storia inizia molto lontano, con l’esperienza che lui stesso racconta, di vita assieme al fratello Andrea, più giovane di lui di 13 anni, nato con l’uso di quel arnese diabolico chiamato forcipe che tanti danni cerebrali provocò negli anni sessanta ai neonati. Andrea, a causa delle lesioni subite, fu segnato da disabilità psico-fisica. Giulio, assieme al fratello Umberto, da subito ma specie dopo la morte dei genitori, avvenuta quando Andrea aveva 14 anni, si prenderà carico di questa persona fragile che segnerà tutta la sua vita, e con la quale svilupperà una sensibilità che è patrimonio di pochi. Si pone, come sfida, l’obiettivo di rendere autonomo e contento di sé il fratello e, dopo il matrimonio con Daniela, – la sua compagna inseparabile e colei che lo riporta molte volte con i piedi per terra dai voli sognanti che ogni buon artista compie – segue personalmente la crescita di Andrea e lo affianca ogni istante per renderlo autonomo.
In alternativa alla scuola tradizionale, che Andrea frequenta fino a tredici anni, Giulio sviluppa e applica una “didattica differenziale” specifica per il fratello. E fa commuovere il suo racconto quando rivela come, proprio da questa situazione particolare, lui stesso, un po’ alla volta, riesca a calarsi nei panni di chi ha una visione diversa dei propri limiti e delle proprie potenzialità, del funzionamento del mondo esterno e delle aspettative di chi lo circonda*.
Si dilunga molto Giulio su questa esperienza, tanto da mettere in secondo ordine lo scopo della mia intervista che è quello di parlare di lui! Ma si capisce bene che le basi di tanta sensibilità, ecletticità, di tanta versatilità, e di tanta originalità, traggano origine proprio da li.
Nel frattempo si laurea in psicologia. Tiene a sottolineare che, pur avendo avuto le basi dallo studio, la spinta che gli ha dato l’impostazione di un metodo di lavoro che applicherà in seguito, è venuta da dentro e dalla stessa peculiarità del fratello che è diventato il suo libro delle emozioni; sempre aperto e schietto, un libro-guida nel lungo percorso di crescita di entrambi.
E’ conosciuto molto bene, Giulio, per aver allestito negli anni e in molti borghi, castelli e piazze del Trentino, la rievocazione della “Guerra rustica”, culminata nel 1525 con la ribellione dei contadini alle ingiustizie e alle prepotenze dei potenti (tra questi l’allora principe vescovo Bernardo Clesio). Lo spettacolo, di grande suggestione, coinvolge numerosi attori in costume ma anche persone ingaggiate di volta in volta come comparse, a seconda del luogo della rievocazione. Solitamente rappresentata al calar delle tenebre, fra ombre misteriose e personaggi sfuggenti illuminati dal fuoco dei bracieri, catalizza l’attenzione del pubblico in un turbinio di azioni, narrazioni storiche e colpi di scena carichi di effetto e fascino.
Oltre ad aver fondato e diretto varie realtà teatrali (“I Gropi d’Anaunia”, Il “Caffè macchiato per due, grazie”, gli “Amici di Parola” di Trento) è regista e fondatore della filodrammatica “La Marianela” di Romallo con la quale ha messo in scena numerose opere; sempre con un taglio personalizzato e imprevedibile; tanto che, quando ti ci immergi, ti sorprende e ti spiazza trascinandoti in un vortice di suggestioni che non sai codificare, ma che sono i caposaldi dell’arte: Emozione e Comunicazione!
Perché, come nel teatro, da un certo punto di vista, è il pubblico che fa lo spettacolo e non (o non solo) gli attori. Così, in qualsiasi circostanza o riflessione, lui riesce a capovolgere le cose e a vederle in una prospettiva inusuale; ma che guardando bene, è quella che permette di vedere più dentro e più lontano.
E’ proprio questa visione teatrale delle cose e della vita che in Giulio fa la differenza (lo sottolinea sardonicamente con un aforisma: “Non prendere la vita troppo sul serio, tanto non ne uscirai vivo”).
Applica questa visione personale anche nella fotografia, dove lo incuriosiscono le piccole cose, i dettagli che passano inosservati e invisibili ai più, ma che, magicamente, appaiono affascinanti e geniali quando sono catturati e immobilizzati in una qualsiasi delle sue fotografie.
Così intravede il rincorrersi geometrico delle forme sinuose di una normale pianta del suo giardino che, colta con una particolare prospettiva, ti restituisce una visione, fino a quel momento a te ignota e che, per l’ennesima volta, ti sorprende. Le increspature della terra lavorata perdono la propria dimensione banale e diventano giochi di ombre e luci in cui la tua fantasia può spaziare liberamente. Un elettrodomestico assume lineamenti grottescamente umani; le venature di un legno vecchio diventano vallate seducenti e siderali….
Nella scuola dove lavora, appunto con bambini diversamente abili, porta questa sua personalità al di fuori di ogni schema, scontrandosi talvolta (o spesso), con il sistema ingessato dell’istruzione, che fatica a comprendere il suo metodo. Che è un metodo di ascolto e di osservazione neutrale. Conversando con lui ti rendi conto che puoi interromperlo in qualsiasi momento; lui si ferma e ti ascolta, sicuro che quella tua interruzione, per te è qualcosa di importante e lui la vuole seguire. Sono questi piccoli grandi dettagli che fanno la differenza nel profondo di un animo gentile e rude allo stesso tempo come un attore che sa interpretare qualsiasi ruolo che la regia gli affida. (qua mi propina un altro aforisma, in tedesco, che sua madre amava ripetere: “wer das kleine nicht ehrt ist das große nicht wert” – chi non apprezza il piccolo non merita il grande).
Quanto è bello sentirlo raccontare dei genitori: il papà, carpentiere di Cles, che gli trasmette il senso pratico ed efficace delle opere, e il sapere dei materiali. Il portamento nobile ed austero, trasmessogli dalla mamma, austriaca e al servizio di nobiltà castellane. A vederlo infatti, diresti che è unicamente un filosofo intellettuale; ma, se gli stai a fianco, comprendi ben presto che sa fare anche di “chiodi e di martello” – racconta che suo padre, sfiorandogli la fronte, diceva: “Qua dentro c’è il più grande giocattolo del creato, è qui il segreto della felicità”.
La sua divertente contraddizione (chissà perché mi viene in mente l’affascinante film “Hugo Cabret”) è che, pur collezionando orologi, non porta egli stesso mai l’orologio e la puntualità non è un suo punto forte. (Mi cita un altro proverbio in tedesco: “L’uomo felice non ha orologio”).
Ci ridiamo sopra e per questa divertente prerogativa, sulla mia personale rubrica telefonica lo ho memorizzato come “VisintaiMer”!!!
E’ una icona Giulio VISINTAINER, una vera Icona culturale della Valle. Come ce ne sono si altri, per fortuna; e lui, lo è in maniera originale e divertente; da seguire in tutto quello che fa, sicuri di trovare nelle cose che produce, emozione, divertimento e profondità di pensiero.
* “Ci vuole un minuto per notare una persona speciale, un’ora per apprezzarla, un giorno per volerle bene, tutta una vita per dimenticarla.” (C.Chaplin)