È possibile conciliare temi come ambiente e sviluppo economico?
Al riguardo abbiamo intervistato la Prof.ssa Daria de Pretis, Vicepresidente della Corte Costituzionale
Un recente intervento ha modificato l’articolo 9 della Costituzione Italiana, introducendo tra i principi fondamentali la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. Tutto questo avrà un notevole impatto sullo sviluppo economico e da subito da una chiara impostazione ai progetti e programmi di sviluppo sia dal lato privato/aziendale che da quello pubblico/normativo. Spesso ci si è trovati difronte a dover conciliare e decidere su scelte legate all’ambiente e al mantenimento di posti di lavoro, ora si parte da un punto definito e previsto nella Costituzione Italiana. Per capire meglio la portate di questo cambiamento abbiamo intervistato la nostra valligiana professoressa Daria de Pretis, attuale Vice presidente della Corte Costituzionale, la quinta carica dello stato italiano.
La modifica della nostra Costituzione come si inserisce in ambito Europeo?
L’ambiente è un tema per sua natura di interesse sovranazionale: il clima, la qualità dell’acqua, dell’aria, del suolo, il rispetto della natura non dipendono da scelte riducibili a singoli ordinamenti. Quella contro i cambiamenti climatici non è una battaglia che si combatte dentro i confini di un territorio, di uno Stato. Così come non lo è la lotta contro l’inquinamento. Sono questioni di rilievo globale che si devono affrontare in sedi internazionali con l’impegno serio e condiviso di tutti i Paesi, o almeno della maggior parte.
L’Europa è da molto tempo particolarmente attenta e impegnata sui temi ambientali. La tutela dell’ambiente è oggetto di una norma della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 37) e molta normativa europea, in molti campi, è diretta a questo scopo. Ogni politica dell’Unione, inoltre, deve integrare in sé anche la prospettiva della tutela ambientale.
La modifica dell’art. 9 della nostra Costituzione si inserisce in questo contesto e si accompagna ad analoghi interventi sulle Costituzioni di altri Paese dell’Unione. Fin dagli anni ‘70, comunque, anche in assenza di una previsione formale la Corte costituzionale ha ricavato da altre norme della Costituzione un principio di protezione dell’ambiente che ha sistematicamente applicato per valutare la costituzionalità delle leggi sottoposte al suo esame. In particolare ha valorizzato la tutela del paesaggio, già prevista nell’originario art. 9, e il diritto fondamentale alla salute previsto all’art. 32.
Detto questo, non ci si deve nascondere la complessità della stessa tutela ambientale e della sua convivenza con altri interessi e valori costituzionali che possono anche entrare in collisione. Pensiamo all’interesse al lavoro e alla produzione economica: determinate attività economiche nocive per l’ambiente non possono essere semplicemente eliminate senza considerare la perdita di posti di lavoro che la loro chiusura determinerebbe; la produzione di energia da fonti rinnovabili, funzionale alla riduzione dei combustibili fossili, si può contrappore alla conservazione del paesaggio: pensiamo alle pale eoliche o alle opere idrauliche per la produzione di energia idroelettrica.
Come insegna la Corte costituzionale nessun interesse previsto dalla Costituzione può essere considerato assoluto e perseguito sacrificandone altri, anch’essi protetti.
Se così si facesse, diventerebbe ‘tiranno’ e alla fine ne patirebbe l’unico valore davvero assoluto in Costituzione, che è quello di protezione complessiva della persona umana, della sua dignità. Il segreto è dunque quello del miglior bilanciamento dei principi e dei diritti previsti in Costituzione, in modo che ciascuno abbia la miglior protezione possibile nel rispetto degli altri. Certo il valore dell’ambiente è sicuramente primario nel senso che costituisce la condizione trasversale per l’esercizio di molti altri diritti e interessa tutti, anche coloro che non sono ancora venuti al mondo.
Si è inserito un nuovo aspetto che riguarda le generazioni future
L’idea è quella che il mondo non appartiene solo a chi lo abita ora. Le decisioni che hanno conseguenze sul futuro devono essere prese considerando anche gli interessi di chi verrà dopo. La salvaguardia degli interessi delle generazioni future è entrata solo ora nella nostra Costituzione che ne parla a proposito di ambiente, ma il tema era già affiorato in qualche pronuncia della Corte costituzionale, che lo aveva desunto da altre norme costituzionali.
Per esempio la Corte ha usato questo argomento per dichiarare illegittima una legge che ‘spalmava’ nel futuro per molti anni l’obbligo del rientro dei debiti degli enti locali, facendo ricadere così quei costi sulle generazioni future.
Molti interventi in materia di protezione della natura sono giustificati inoltre anche con l’esigenza di salvaguardare l’ambiente per le generazioni future. Sulla base di una previsione costituzionale simile a quella introdotta ora nella nostra Costituzione il Tribunale costituzionale tedesco, l’anno scorso, ha annullato la legge federale sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, ritenendo troppo bassa la percentuale di riduzione prevista entro il 2030. Questo avrebbe comportato riduzioni più drastiche negli anni successivi, e quindi un ingiusto pregiudizio per chi sarebbe venuto dopo.
La nostra provincia è ha sempre avuto una grande attenzione ai temi legati all’ambiente. Come impatta questa modifica costituzionale nell’ambito della legislazione provinciale e regionale?
Le leggi delle Regioni e delle Province autonome si occupano anch’esse spesso di ambiente.
I margini di manovra dei legislatori regionali sono però ridotti, perché la materia della tutela ambientale è affidata dalla Costituzione in via esclusiva al Parlamento.
Quello che le regioni possono fare è elevare i livelli di tutela previsti nella legge statale. Ma anche a questo proposito occorre dire che, proprio in ragione della competenza esclusiva dello Stato che ho ricordato, è al legislatore statale che spetta l’ultima parola sul punto di equilibrio fra interesse ambientale e altri interessi, senza che le regioni – come talvolta tendono a fare con l’obiettivo di proteggere interessi diversi, contrapposti a quelli ambientali – possano diminuire gli standard minimi di tutela fissati dallo Stato.
In questo campo, forse più ancora che in altri, deve comunque trovare applicazione il principio che regola al fondo le relazioni fra i vari soggetti dell’ordinamento costituzionale, e dunque anche fra Stato e Regioni, cioè la leale collaborazione.
L’urgenza dell’azione a tutela del nostro ambiente deve sollecitare tutti al massimo impegno e a uno sforzo comune basato sulla consapevolezza dei rischi che corriamo e orientato a obiettivi pienamente condivisi.
Nata a Cles il 31 ottobre 1956, due figli, è stata nominata Giudice della Corte costituzionale dal Presidente Giorgio Napolitano il 28 ottobre 2014. È Vice Presidente dal 29 gennaio 2022.Si è laureata in Giurisprudenza a Bologna nel 1981, dove ha iniziato il suo percorso accademico, che è poi proseguito nella nuova Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento. Qui è stata ricercatrice, professoressa associata e, dal 2000, professoressa ordinaria di diritto amministrativo. Accanto all’attività accademica ha svolto dal 1982 la professione di avvocato, fondando un suo studio professionale che ha lasciato nel 2013. Nel febbraio del 2013 è stata eletta Rettrice dell’Università di Trento, carica che ha lasciato anticipatamente nel novembre del 2014 dopo la nomina alla Corte costituzionale.