Andrea Paternoster, il poeta del miele

Andrea Paternoster, il poeta del miele

Carlo Petrini, fondatore di Slow Food nonché presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ad un anno dalla tragica scomparsa, lo ha ricordato intitolandogli un’aula dell’ateneo piemontese dove insegnava. 

Un anno fa, a soli 54 anni, moriva, in un tragico incidente stradale, Andrea Patenoster, il «poeta del miele». Lo scorso mese di aprile l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in una mattinata luminosa di primavera, alla presenza delle figlie Elena e Francesca e del presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche e fondatore di Slow Food Carlo Petrini, gli ha intitolato un’aula dell’ateneo piemontese.

Emozionante ed intima la cerimonia nel ricordo dell’apicoltore trentino, appassionato divulgatore del mondo delle api e dei mieli, fondatore di Mieli Thun e già “senior visiting teacher” presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, frequentata da allievi di tutto il mondo. «Siamo commosse e grate nello scoprire questa targa dedicata a nostro padre. E siamo sorprese e orgogliose di sapere quanti legami egli aveva tessuto nel corso degli anni, sia nella sua attività professionale sia nell’insegnamento e nella trasmissione dei suoi saperi qui a Pollenzo» hanno dichiarato Elena e Francesca.

Dal Trentino, con le sorelle Paternoster, era giunta una delegazione legata affettivamente e storicamente ad Andrea: Matteo Maria Carminucci della famiglia Mieli Thun, insieme ad Antonio Maini e Sandro Di Nuzzo, rispettivamente fiduciario e cofondatore della Condotta Slow Food Terre del Noce, e Tommaso Martini portavoce di Slow Food Trentino.


Cultore delle cose belle e buone aveva nobilitato l’arte del “nomadismo” apistico.

Andrea Paternoster, cultore delle cose belle e buone del made in Italy, apicoltore lungimirante (aveva ereditato la passione per le api dal nonno), con il suo sorriso contagioso aveva nobilitato l’arte del cosiddetto «nomadismo» apistico. Ogni anno spostava le sue arnie (oltre 1.500) nei luoghi più vocati per la produzione di mieli monofloreali: dal Trentino alla Sicilia, dal Friuli al Cilento, dalla Lombardia alla Maremma, dal Polesine alla Sardegna.

Nel 2007 gli avevo dedicato un ampio reportage, corredato dalle splendide immagini del foreporter Renato Vettorato, sulla rivista mitteleuropea bilingue (italiano e tedesco) Papageno. Titolo: «Tutti i colori del miele interpretati da Andrea Paternoster».

Quando gli chef stellati in Italia e nel mondo si innamorarono dei suoi mieli.

Molti i ristoratori stellati che si innamorarono a prima vista dei suoi mieli in Italia e nel mondo. Tra i primi va ricordato il talentuoso chef d’origini fassane Peter Brunel con i suoi fantasiosi menù dapprima al “Chiesa” di Trento, poi in Lungarno a Firenze e oggi al Ristorante Gourmet “PB” di Arco. Protagonisti i mieli monofloreali Thun: il rarissimo miele di corbezzolo, l’altrettanto raro e prezioso miele di rododendro, il miele di tarassaco, il miele di lavanda, il miele di rosmarino, il miele di erica, il miele (melata) di bosco. E ancora: il miele di girasole, di tiglio, di eucalipto, di sulla, di zagara, di castagno, solo per citarne alcuni. Un caleidoscopio di colori, una gamma di profumi, una sinfonia di sapori che l’estro creativo dei grandi chef ha trasformato in piatti d’autore suggellando così il matrimonio d’amorosi con l’ “haute cuisine”. E la riprova si è avuta nelle mille preparazioni gastronomiche che hanno visto il “nettare” delle api protagonista e non solo comprimario a tavola: dai formaggi alle carni, dalle erbe spontanee al pesce.

Quei mieli rari e preziosi (rosmarino, sulla, eucalipto) delle isole del Mediterraneo.

Già al primo incontro a Vigo di Ton i mieli Thun mi avevano affascinato. In particolare i mieli monofloreali con i quali Andrea Paternoster si è messo in gioco trasformando la figura dell’apicoltore errante in poeta del miele. Emozionanti le degustazioni dei mieli di rododendro, di tarassaco, di eucalipto, di rosmarino. Quest’ultimo lo avevo assaggiato ai tempi della Jugoslavia di Tito durante le mie scorribande enogastronomiche a Cherso, Lussino, Arbe e in altre isole della Dalmazia. Un miele raro e prezioso dall’aroma leggermente agrumato al pari del miele di sulla con il quale avevo fatto la conoscenza qualche anno prima a Gozo, la seconda isola per estensione dell’arcipelago di Malta. Un miele particolare che le api bottinatrici ci regalano succhiando il nettare delle infiorescenze di quella pianta erbacea della famiglia delle leguminose (famiglia cui appartengono i piselli, i fagioli, le lenticchie) dal colore rosso purpureo. Una pianta molto diffusa in Sicilia, Sardegna e nelle isole del Mediterraneo. A Gozo, in un successivo tour, ero rimasto ammaliato dalla spettacolare fioritura di questa pianta che in primavera trasforma l’isola omerica della ninfa Calipso, rocciosa e in molti tratti brulla, in un fantastico tappeto cardinalizio.

La quintessenza dei mieli monofloreali, autentico miracolo della natura.

Dalla Lombardia alla Maremma, dal Polesine alla Sardegna.

Ma torniamo a quel nostro primo incontro a Vigo di Ton Thun. Nella sala degustazione, all’ombra di Castel Thun, assaggiando i mieli rari e preziosi di Andrea ero rimasto incantato dalla passione e dall’entusiasmo (gli occhi parlavano per lui) nel sentirlo raccontare i suoi spostamenti con le arnie da una località all’altra. Mi avevano entusiasmato non solo i suoi mieli, ma anche gli aceti di melata e rosmarino (assaggiati durante un pranzo alla “Subida di Cormòns, il tempio del mitico Josko Sirk) e l’idromiele spumantizzato, rifermentato in bottiglia dopo 20 mesi di permanenza sui lieviti. O, ancora, le gemme di pino mugo immerse in un delicatissimo miele di acacia.

Due parole racchiudono il motto, la filosofia di Andrea, ereditata dai nonni: tempismo nel seguire lo sviluppo delle fioriture e la sensibilità nella selezione dei mieli, premessa fondamentale per ottenere quella «quintessenza» di mieli monofloreali che sottolineano la purezza di quel miracolo della natura che filosofi, poeti e scrittori dell’antichità definirono «dono del cielo» (Aristotele), «alimento divino» (Apicio), «rugiada celeste» (Virgilio).

Le figlie amano ricordare papà in ogni ape che volteggia spensierata nel creato.

Le figlie Elena e Francesca che con orgoglio ne seguono gli insegnamenti e la filosofia di vita portando avanti con passone la sua missione amano ricordarlo ogni giorno con un’immagine bellissima che è presente in ogni ape che ci circonda, in ogni elemento della natura, in ogni respiro vitale che anima il creato. Ed io, a mia volta, lo immagino a volteggiare lassù, spensierato, tra le api celesti del paradiso. Buon volo, Andrea.

Casagrande Giuseppe