La maggioranza dei ladini risiede nelle valli del noce: 8.114 ladini, il 51,4%, su un totale di 15.775
In data 28 aprile l’ISPAT (Istituto di Statistica della Provincia Autonoma di Trento) ha pubblicato i dati relativi alla RILEVAZIONE SULLA CONSISTENZA E LA DISLOCAZIONE TERRITORIALE DEGLI APPARTENENTI ALLE POPOLAZIONI DI LINGUA LADINA, MÒCHENA E CIMBRA per l’anno 2021.
Nel corso del 2021 “IL MELO” ha dedicato ampio spazio al tema dell’appartenenza ladina, con l’obiettivo di fornire ai lettori dati e riferimenti storici in modo oggettivo, e per questo motivo riportiamo i dati del censimento.
Il periodo in cui si è svolta la rilevazione della popolazione (dal 3 ottobre al 20 dicembre 2021) era contraddistinto dalla presenza di rigide norme sulla pandemia che hanno certamente limitato le possibilità di confronto attivo e diretto della popolazione.
La scelta adottata da ISPAT, quasi obbligata, di utilizzare la modalità di rilevazione online ha sicuramente condizionato il risultato complessivo. Su un totale di rispondenti pari a 125.919, il 97,2% lo ha fatto con modalità online e solamente il 2,8% con modulo cartaceo (nr. 3.537 abitanti).
Ricordiamoci che la tutela e la promozione delle caratteristiche culturali e linguistiche delle popolazioni di lingua ladina, mochena e cimbra residenti in provincia di Trento fonda le sue radici nell’art. 2 dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige, nel quale si riconosce che “Nella regione è riconosciuta parità di diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, e sono salvaguardate le rispettive caratteristiche etniche e culturali”.
Analizzando i dati per singola Comunità di Valle, i ladini come numero sono concentrati in prevalenza nella Valle di Non con 7.160 ladini (il 18,2% della popolazione) a seguire la Val di Fassa con 6.066 (il 58,4% della popolazione) e la Val di Sole con 954 (il 6,2% della popolazione), rispetto ad un totale complessivo provinciale di 15.775. Quindi nelle valli del Noce risiedono ben 8.114 ladini, il 51,4% del totale della popolazione ladina provinciale. Questo dato è molto rilevante e difficilmente gli organi provinciali non potranno tenerne conto. In effetti, come in precedenza evidenziato, nonostante le condizioni avverse in cui si è svolto il censimento, che ha certamente ridotto le adesioni in tutta la provincia, si riscontra in generale un calo degli aderenti che è passato dai 16.462 del 2011 ai 15.775 del 2021, ma con notevoli differenze da una valle all’altra.
La Val di Fassa, nonostante abbia potuto contare su specifici supporti alla popolazione durante il censimento, ha ridotto la percentuale dall’82,8% del 2011 al 58,4% del 2021, con un calo del 29,5% della popolazione che si è dichiarata ladina. Ben diverso il dato in Val di Non che dal 21.3% del 2011 è passata al 18,2% del 2021 con un calo del 14,5%, in contro tendenza la Val di Sole che è passata dal 2,9% del 2011 al 6,2% del 2021.
Se invece adiamo nel dettaglio dei singoli comuni, si devono fare due importanti considerazioni:
- Ben 16 Consigli Comunali della Valle di Non su un totale di 23 hanno deliberato a favore della ladinità. Dato importante se consideriamo che i citati 16 comuni rappresentano l’87% della popolazione totale nonesa (34.332 su un totale di 39.448 abitanti della valle di Non).
- I comuni che hanno incrementato la presenza di ladini sono: Livo, Sfruz, Amblar/Don, Cavareno, Sarnonico e Rumo. Aspetto da segnalare a quei sindaci che non hanno ancora portato in Consiglio Comunale la proposta di delibera a favore della ladinità. In Val di Sole i dati sono cresciuti notevolmente in ogni comune (salvo Caldes che passa dall’11,45 all’8,8%), anche se la percentuale del 2011 era decisamente contenuta.
In conclusione si può certamente affermare che la ladinità in Val di Non c’è eccome!
Una ladinità che si basa su una storia millenaria e che nessuno è riuscito a scalfire. Grazie alla maggiore consapevolezza dei nostri valligiani, è arrivato il momento di tutelarla per evitare che le generazioni future perdano questi fondamentali punti di riferimento culturali, in un mondo globalizzato che tende a cancellare le tradizioni e le storie specifiche come la nostra.
La parola ora passa alle istituzioni e noi de “IL MELO” nei prossimi mesi svolgeremo un ruolo di attento osservatore di quanto accade, perché non vogliamo che la cultura sia un “argomento di scontro politico” sbandierato solo in campagna elettorale, ma costituisca un elemento di compattezza e appartenenza di tutta la nostra comunità.