Le pandemie oggi e ieri
Le varie pandemie, (peste, colera, spagnola ecc.), da quando il mondo è mondo, hanno sempre portato morti, malattie e lutti. Le uniche varianti sono solamente, l’aggressività del morbo e il modo di affrontarlo. Questo è da sempre legato alle conoscenze mediche dell’epoca.
L’attuale pandemia del Covid 19 viene curata con i vari tipi di vaccino. Ma non è sempre stato così.
Vediamo, ad esempio, come affrontarono l’epidemia di colera nell’anno 1855 gli abitanti di un piccolo paese della val di Non.
La strada che da Vigo sale fino alla malga Bodrina, a quota 1400 metri circa, fiancheggia una bella conca boschiva denominata “Sass da l’Autar”.
Perché questo strano nome? La domanda se la sono posta, negli anni ’70, i soci della sezione SAT di Ton.
Incuriositi, si misero al lavoro per sciogliere l’enigma. Alla fine, dopo varie ricerche trovarono un grosso sasso, a forma di parallelepipedo, che assomigliava vagamente a un altare.
Pulendo il masso con una spazzola di ferro, sotto il muschio, furono scoperte delle piccole croci incise sul lato anteriore e sul piano superiore. La cosa incuriosì. La ricerca, allora, si spostò dal bosco agli archivi. Alla fine fu tutto chiaro. In quel posto, nell’anno 1855, per fuggire dal “flagello di Dio” che imperversava nella zona, si accamparono, per oltre un mese, molte persone di Vigo, guidate da un sacerdote che celebrava per loro, appunto su quel sasso, la Messa quotidiana.
Il “flagello di Dio” ovvero il colera, scoppiò il 10 giugno 1855, a S. Lorenzo in Banale e cessò il 6 novembre dello stesso anno a Proves.
Nella valle di Non fece 1300 morti e in tutto il Trentino ben 6.208.
Furono particolarmente colpiti i paesi di Sanzeno con 47 vittime pari al 15.3 % degli abitanti, Dermulo con 16 pari all’11,00 % e Tassullo con 86 pari al 7,1 %. Vigo fu la seconda comunità più colpita della Provincia.
Al diffondersi della notizia, in paese scoppiò il panico e ognuno cercò di difendersi con i mezzi che aveva.
Nel 1855 la profilassi prescritta in caso di colera era la seguente:
- Pulizia somma e generale in tutto;
- Temperanza in tutto;
- Mantenimento della traspirazione cutanea;
- Coraggio sempre;
- Fede in Dio.
Ai paesani, quanto sopra, dovette sembrare un po’ riduttivo e pensarono a rimedi alternativi. Per evitare il contagio quelli ancora sani preferirono, infatti, scappare in montagna. Si assistette, così, a un fuggi fuggi generale con delle scene pietose: genitori che abbandonavano i figli agonizzanti e viceversa. In certi casi, per la fretta di scappare, si lasciavano incustoditi nei loro letti perfino i moribondi.
Vigilio Antonietti, medico di Vigo, così scriveva (fonte Archivio di Stato):
“Il giorno 22 del passato mese di Agosto Antonio e Catterina Villetta di Vigo ritornavano in patria da un viaggio che avevano fatto per guadagnarsi il vitto in esteri paesi che non si sa quali. La sera del giorno istesso la donna fu presa da diarrea e vomito veemente che durò per lungo tratto della notte. Io sopra chiamato sospettai all’istante trattarsi di colera, tanto più in quanto che interrogata da dove venisse le sue ambigue risposte mi misero più in sospetto. Non ero ancor giorno che fui richiesto per assistere altra donna che parimenti presentatagli stessi sintomi della precedente, ma assai più allarmanti. Difatti la sera dello stesso dì la seconda moriva, la prima poi moriva la notte del giorno dopo. Un infermiere di Vigo, che assisteva la prima che morì, fu anch’egli preso da colera fulminante, e spirava otto ore dopo. Si deve notare, che le due donne morte, prima di ammalarsi, avevano pranzato insieme nel dì che si ammalò la Villetta. La morte dell’infermiere produsse uno scoraggiamento universale negli abitanti ed uno spavento, ch’io non saprei come definirlo. Dopo di allora il morbo si dilattò a dismisura, e scorsi quattro o cinque giorni, il paese di Vigo sembrava un lazzaretto. La miseria poi degli abitanti, ed il non prestarsi il minimo ajuto e lo spavento furono certissimamente le cause del dilattarsi così rapidamente del male. I primi attaccati furono per lo più persone malferme già prima o vecchie o malnutrite.
Così cominciò e si estese il colera in Vigo. Da qui si propagò, non si sa come, ai Baschieri, frazione del comune di Masi di Vigo, poscia a Nojan (Nosino), frazione del comune di Toss e vicinissima a Vigo, indi a Comin et ai Masi istessi. Toss pure fu colto orribilmente dal male, ed in ultimo anche il maso Raut non andò esente da quel terribile male”.
A pagina 192 del secondo volume del libro dei Morti della parrocchia di Vigo, a propositi di questa epidemia si legge: “A PERPETUA MEMORIA! – Il terribile morbo colera asiatico che nella invasione del 1836 ci aveva fortunatamente risparmiati, visitò col suo terribilissimo aspetto questo povero paese e vi portò la più luttuosa devastazione. Alla sua comparsa più di venti famiglie fuggirono in campagna o sui monti; degli abitanti nella costernazione d’animo e nel presentimento di contrarre il fatal morbo, alcuni non osavano assistersi fra loro; ed essendo parte di essi fuggiti, parte morti ed essendo moltissimi gli ammalati le superiori autorità furono costrette ad ispedire infermieri e becchini da Trento e da Lavis. Sostenuti dal profondo sentimento di umanità e religione, durarono costanti nell’assistenza degli infermi i due preti della canonica: signor Parroco don Domenico Gosetti, da Montes ed il signor cappellano don Pietro Dalvitt, da Flavon ed il sig. medico dott. Antonietti da Caldes. Vennero successivamente da Mezzolombardo in sussidio tre padri francescani Cirillo da Trento, Pasquale da Vigol Vattaro e Celestino da Brenzone con don Giuseppe Perlot e padre Clemente da Ischia. Contrassero il morbo prima il signor Cappellano, poi il sig. Parroco, indi padre Cirillo e questi due ultimi morirono vittime del fiero morbo e della loro carità. Segue il catalogo lugubre delle vittime del feral morbo colera, il quale ha mandato al sepolcro più che la settima parte di questa infelicissima popolazione di Vigo. L’ETERNA REQUIE AI DEFUNTI!”
E ora alcune cifre (fonte A. Folgheraiter), distinte, paese per paese, perché, allora, ognuna delle tre frazioni costituiva un comune autonomo.
A Vigo l’epidemia cominciò il 21 agosto e terminò il 26 settembre. Su 666 abitanti i contagiati furono 254 (40%) e i morti 107 (17%).
A Toss il morbo iniziò il 4 settembre e terminò il 12 ottobre. Su 413 abitanti 92 (23%) furono i contagiati e 50 (13%) i morti.
A Masi di Vigo il colera si manifestò il 3 settembre e cessò il 26 dello stesso mese. Su 132 abitanti le persone che si ammalarono furono 49 (36%) e i morti 21 (16%).
Complessivamente a Ton in poco più di un mese il “flagello di Dio” si portò al cimitero ben 178 persone. Fortunati quelli che riuscirono a salvarsi raggiungendo di corsa il “Sass de l’autar”! Era l’unico vaccino sicuro. E dagli atti non risulta che ci siano stati dei “no-sass” (de l’Autar).