La Rocchetta in tutta la sua storia
La Rocchetta rappresenta da sempre uno dei passaggi obbligati d’accesso alla valle di Non.
Anticamente vi si transitava prevalentemente in quota attraverso il passo della Visione (circa 655 m.s.l.); memorabile fu il transito del vescovo di Trento San Vigilio nell’ anno 397, durante il suo viaggio verso Sanzeno (villaggio di Methol) in occasione della morte dei tre martiri Anauniesi Sisino, Martirio ed Alessandro, originari della Cappadocia (Turchia – Anatolia orientale) qui inviati dal vescovo di Milano S.Ambrogio allo scopo di evangelizzare la valle di Non al tempo pagana.
Sul valico nel 1199 fu edificato un nuovo castello da parte di Manfredino di Tono, come da concessione feudale del vescovo di Trento Corrado da Beseno; denominato “della Visione” è giunto fino a noi, in soli pochi ruderi, ancora visibili; l’ultimo crollo importante si ebbe durante una notte d’ottobre del 1888, quando imperversava un forte temporale, come documentato dalla cronaca del tempo, che ne causò il crollo definitivo. A controllo della via che portava al passo della Visione a nord v’era castel Tono, ove risiedeva l’omonima famiglia poi detta dei Thun che si trasferì più tardi nel XIV secolo a castel Belvesino nel Comune di Ton.
Castel Tono viene citato già dal 1145 ed attualmente vi rimane un lembo di muro che fu della torre, poi riadattato ad edicola votiva; il colle su cui sorge viene denominato, colle di Santa Margherita, come l’omonima chiesa li insediata, utilizzando parte delle mura del castello. La sua posizione è dirimpetto al ristorante “Trattoria al Lago detto anche Cucina Emiliana”, con evidente richiamo allo specchio d’acqua formatosi quando, verso il 1930, il regime fascista fece edificare il ponte con annessa diga, avente la funzione di calmierare le piene con possibilità d’esondazione del torrente Noce nella zona della piana Rotaliana; dopo la costruzione della diga in breve tempo l’alveo verso nord si riempii allagando tutta la piana antistante Maso Milano fino al Cressino. Suggestive sono le foto d’epoca con alcuni abitanti del posto a bordo di piccole barche riportanti le scritte “Italia, Roma e Piave”.
Nel tempo vennero posizionate due draghe all’interno dell’alveo del Noce nelle immediate vicinanze dei due emissari, con il Lovernatico nei pressi dell’abitato di Cressino e lo Sporeggio all’altezza di Maso Milano, aventi la funzione di asportazione dei sedimenti trasportati dai due affluenti, regolando di fatto la quota del letto del Noce a protezione delle abitazioni presenti; ora tale area è vincolata dal biotopo della Rocchetta. Dismessa tale opera umana, s’innalzò ben presto la quota dell’alveo del Noce e quella della campagna alluvionale limitrofa, ricoprendo anche l’antica via che qui transitava, in provenienza dalla Rocchetta e dal ponte Alpino, con i famigerati “pontati”, costituiti da due archi in pietra aventi la funzione di scavalco del torrente Sporeggio nella parte antistante Maso Milano. I cambiamenti climatici, uniti al verificarsi di sempre più frequente precipitazioni piovose di grandi masse d’acqua concentrate in brevi periodi ha portato l’amministrazione comunale di Sporminore a progettare un’idrovora che permetta il deflusso delle acque da Maso Milano sino oltre la diga alla Rocchetta, prevenendo possibili fenomeni alluvionali vista la sempre minore sezione idraulica libera d’immissione dello Sporeggio nel torrente Noce.
Altra ipotesi più suggestiva, però per certi versi pragmatica, proposta in più occasioni dall’attuale gestore del ristorante-pizzeria “Al Maso” di Maso Milano, sarebbe quella di togliere dall’alveo del Noce la vegetazione ed il materiale accumulato nel tempo; si potrebbe quindi pensare alla nascita di un bio-lago con gli argini progettati a contenere anche le piene dovute ai parziali svuotamenti nella gestione della diga di Santa Giustina, con anche la possibilità di realizzo sulle sue sponde così regimate, di una pista ciclabile per la Bassa val di Non.
Risulta facile ipotizzare quella che sarebbe la ricaduta turistica per l’intera zona.
Il biotopo della Rocchetta potrebbe essere rivisto nella sua perimetrazione mantenendo la parte più a nord verso il ponte di Moncovo.
Rimanendo in ambito viabilistico locale si ricorda come la strada che oggi collega la parte antistante il bar-ristorante “La Rocchetta” con la zona del bar-ristorante “Trattoria al Lago” è stata realizzata poco prima del 1850 dal governo austriaco, con l’utilizzo della “polvere da sparo” (la dinamite fu brevettata da Nobel più tardi nel 1867) qui inviata dal distretto imperiale di Bolzano. Le detonazioni dovute alla costruzione della strada compromisero non di poco la staticità del torre di Visione, presente a monte, poi crollata definitivamente nel 1888. La prima parte a sud, verso Mezzolombardo, non ha comportato grandi opere di demolizione in roccia, in quanto era già presente l’accesso all’antico castello poi detto della Rocchetta edificato da Volcmaro di Burgstal, (capostipite degli Spaur) nel 1333, insediato in val di Non a Sporminore quale capitano di castel Sporo nel 1312 per volere di Enrico conte del Tirolo, figlio del più famoso Mainardo II e padre di Margherita Maultasch che consegnerà più tardi nel 1369 (di fatto nel 1363) l’antica contea tirolese agli Asburgo. Il castello sorgeva in corrispondenza dello spuntone roccioso a lato della strada alta, sul quale insiste una muratura di forma circolare, all’altezza della centralina elettrica di recente costruzione, sulla verticale del ponte che conduce a Spormaggiore ed all’Altopiano della Paganella; tale muratura non è altro che il basamento del padiglione più a nord dello storico “forte della Rocchetta”, fatto edificare da Francesco Giuseppe I d’Asburgo tra il 1860 ed il 1864.
La certezza circa il posizionamento della torre del castello, è di facile verifica, sovrapponendo lo stato attuale dei luoghi con la mappa storica d’impianto Austriaca che ne ha rilevato la presenza ancora verso il 1850. Il progetto della nuova strada presumibilmente faceva già parte di un possibile presidio territoriale poi costituito dal forte, quale anticipazione di futuri scenari di guerra che di li a poco avrebbero contrapposto gli Asburgo ai Savoia. La perdita della Lombardia da parte dell’Austria nel 1859 (seconda guerra d’indipendenza italiana), portò alla costruzione del forte alla Rocchetta, quale tagliata stradale (Straßen-Sperre) a protezione della città di Trento da possibili incursioni italiane in provenienza dal Tonale; contemporaneo del forte alla Rocchetta è il forte Strino a Vermiglio in val di Sole facente parte di una rete di difesa verso il nuovo confine Lombardo. Al tempo l’Italia era alleata con la Francia che conquistò dapprima la Lombardia, salvo poi cederla al re Sabaudo Vittorio Emanuele II, in cambio della Savoia e di Nizza (città natale di Garibaldi). è curioso constatare come sia la madre che la moglie di Vittorio Emanuele II erano della famiglia degli Asburgo.
Nel periodo della terza guerra d’indipendenza italiana luglio-agosto 1866 troviamo una rivista lombarda dell’epoca che documenta il bombardamento del forte della Rocchetta ad opera dei volontari italiani. Al tempo gli italiani presenti in Trentino erano sotto la guida di Garibaldi per la zona di Storo e del lago d’Idro con stazionamento finale a Bezzecca vicino al lago di Ledro da una parte ed alla guida del generale Medici in provenienza dalla Valsugana con stazionamento finale a Civezzano dall’altra; dal Tonale non è documentato l’arrivo di alcun contingente, con gli austriaci che poco prima erano avanzati fino a Ponte di Legno.
Famoso è il telegramma con cui Garibaldi il 09 agosto del 1866 accetta il ritiro dal Trentino (Tirolo Italiano) con la celebre frase “obbedisco”, in risposta dell’ordine impartitogli dal capo dell’esercito italiano, generale Alfonso La Marmora, prima trasmesso anche al Medici.
L’avanzata italiana prevedeva l’accerchiamento della città di Trento.
Al tempo l’Italia era alleata della Prussia nell’intento comune di sconfiggere gli Asburgo.
Non è dato sapere quali incursori cannoneggiarono il forte della Rocchetta se facenti parte della spedizione guidata da Garibaldi, dal Medici o se in provenienza dalla zona del Tonale.
Garibaldi era confinato a Bezzecca con i forti di Lardaro lungo la strada per Tione, ancora nelle mani degli austriaci, l’unica via percorribile per raggiungere la Rocchetta era quella del passo del Ballino vicino a Fiavè e di qui per Molveno e Spormaggiore aggirando quindi anche i forti al bus de Vela sopra Trento.
Il generale Medici era arrivato fino a Civezzano e per lui la strada per la Rocchetta doveva risultare più agevole, vista la mancanza di forti lungo il cammino; molte fortificazioni nella parte est di Trento oltre a quelle della val d’Adige, furono realizzate dagli austriaci solo dopo il 1866, anno di perdita del Veneto a favore dell’Italia.
Il metodo di guerriglia utilizzato al tempo dai garibaldini e dai volontari italiani, era quello delle incursioni all’interno delle linee nemiche, con lo scopo preliminare di sabotaggio delle difese avversarie e successiva conquista del territorio; giungeva poi il grosso dell’esercito con i rispettivi comandanti a presidiare e difendere il luogo così conquistato. I cannoni venivano trasportati in incognito con le ruote che sostituivano quelle dei carri e la cui canna veniva collocata in un doppiofondo del carro stesso; le munizioni procedevano in altri carri o trasportate a spalla; i soldati si travestivano da semplici contadini. Più tardi il forte della Rocchetta fu declassato dagli austriaci a magazzino e disarmato dell’artiglieria pesante già sul finire del 1915; in esso venne ammassato 1/2 milione di bombe a mano che poi furono disarmate dal governo italiano sul finire del 1922, quando il 27 dicembre una tragica fatalità, durante la fase di inertizzazione delle bombe comportò l’esplosione del caseggiato presente lungo la strada bassa nelle vicinanze del ponte Alpino e la morte degli operai addetti, con anche il militare preposto al controllo delle operazioni; il materiale esplosivo veniva li portato da dei gendarmi, per mezzo di casse in legno, percorrendo la scalinata che dal forte arrivava sino alla strada inferiore ove era presente lo storico posto di guardia ormai dismesso, ed utilizzato quale deposito in cui veniva stoccato il materiale, ormai reso inerte, recuperato. Di tale evento è ricca la cronaca del tempo, anche se oggi molti sono tenuti a pensare che fosse esploso il forte; le foto dell’epoca testimoniano che questi era ancora presente in tutta la sua fierezza, magari con qualche acciacco dovuto al cannoneggiamento dei volontari italiani del 1866.
Il forte fu demolito con inizio poco prima del 1930 e con i sassi squadrati di risulta furono costruiti vari manufatti tra cui il nuovo ponte a valle, i muri della strada per Spormaggiore, con nuovo imbocco che prima iniziava in corrispondenza del ponte Alpino più a nord. Altri sassi furono utilizzati per la realizzazione degli argini e le briglie lungo lo Sporeggio nella zona di Maso Milano.