Che fatica andare a Trento!

Che fatica andare a Trento!

La mobilità in Non e Sole ai tempi del Principato vescovile

Non era cosa di tutti i giorni recarsi nella capitale del Principato: ma prima o poi la fatica toccava a parecchia gente. Sempre ci dovevano andare i regolani dei comuni, per avere dal nuovo Vescovo la riconferma delle loro Carte di Regola; e spesso anche i rappresentanti dei paesi, che domandavano giustizia presso la cancelleria principesca durante le eterne liti per il territorio (penso alle beghe in bassa Vai di Sole per il Monte Sadron, o alle diatribe fra Romeno e Caldaro per i confini).

Viaggio difficile e faticoso dato che con le persone anche allora camminavano i carri e il bestiame. Le strade della rete viaria romana erano ormai solo malagevoli carrarecce;  la “via imperiale” della Val di Sole di sontuoso aveva soltanto il nome. Pochi i ponti, e soggetti a tassazione; i “pigagni” (passerelle in legno) erano provvisori e malsicuri. Non mettiamo poi in conto gli animali selvatici, non rari e affamati, e qualche bandito che fra il Tonale e la Rocchetta riscuoteva a proprio favore i pedaggi.

Il pont de la Mula

La “Traversara” che collegava Molveno con le Palade, correndo in destra Noce (da Cavedago per Cles a Senale) consentiva anche ai solandri che erano passati sul Ponte Stori di raggiungere la Val d’Adige: il percorso scendeva da Fai in Val Manara; quindi, per la strada delle Finestrelle – superata la fossa che drenava i laghi di Zambana – arrivava al torrente Vela ed infine al ponte fra S. Lorenzo e Torre Vanga a Trento.

Gli abitanti in sinistra Noce confluivano al Ponte Alpino della Rocchetta: ma dopo Mezzolombardo si presentava il maggior ostacolo, l’Adige, che presso S. Michele riceveva l’apporto tumultuoso del Noce. Qui non esistevano ponti: era necessario servirsi del traghetto della Nave, in funzione almeno dal 1185.

Giungevano a questo passaggio anche le decime raccolte in Val di Sole e in Anaunia dai canonici del Duomo di Trento dai primi anni del 1200.

Il transito su due barconi affiancati (lunghi complessivamente dieci metri e larghi quasi quattro) era guidato da un traghettatore (nel 1500 era un Siglhofer, nel 1730 un Banalet, per conto degli Spaur): costui, manovrando un grande remo, faceva correre sul “reghen” (la corda che attraversava l’Adige) una carrucola legata alla zattera con un cavo, fino al pontile opposto. Così viandanti e merci sbarcavano verso la strada che portava a Trento, e viceversa. L’operazione, delicata, non era rischiosa: in compenso costava abbastanza ai nostri antenati perennemente in deficit di moneta sonante. Fino al 1588 una persona pagava 1 quattrino; un carro carico con i buoi 4 carantani (1); per traghettare cento pecore si pagavano 3 carantani, ed 1 carantano per una soma di ferro. Nei “Privilegi” per le due valli del Noce (redazione del 1752) si legge: “Tariffa del Porto della Nave da essere osservata da Portinari ivi, e non più oltre aggravati li Passaggieri, che… pagheranno come siegue: Per cadauna persona a piedi quattrini 3 – Bovi disgionti, vacche, e manzolami essendo i loro conduttori esenti per ogni capo Carantani 1- Un carro con bovi, e boaro carico Car. 6 – Una carretta con li cavalli, e carrettieri carica in tutto Car. 10 -Intendendo il tutto moneta Tedesca. Avvertendo che non sijno tenuti li Passaggieri pagare di più, se bene tal volta l’Adice facesse più rami, e convenisse adoprar più d’una nave… Fù così conchiuso in Trento li 21 Giugno 1629”.

(1) carantano (o carentano) . In numismatica, è il nome italiano d’una moneta, il grosso tirolese (chiamato anche tirolino), della fine del sec. 13°; fu così chiamato poi nel Lombardo-Veneto, fino alla riforma monetaria del 1858, il Kreuzer di 4 Pfennig, corrispondente a 1/60 di fiorino. (Dall’Enciclopedia Treccani).

(Dal volume ‘Storia e Storie nelle Valli del Noce” ed. Tipolitografia STM snc, Fucine di Ossana).

Don Fortunato Turrini