Durata del rapporto di affitto agrario
Tra disciplina legislativa e patti in deroga
Le questioni relative ai rapporti di affitto agrario assumono sempre più rilevanza nel contesto attuale, in cui diversi titolari di terreni agricoli, per diverse vicissitudini ed esigenze, si trovano costretti ad affidare a terzi la coltivazione dei propri fondi. Uno degli aspetti più rilevanti in materia e senz’altro quello relativo alla durata dei rapporti di affittanza agraria. In questo articolo andremo quindi a fare chiarezza sul punto.
E’ innanzitutto opportuno premettere come la materia sia regolata dalla Legge 203/1982, che all’art.1 comma 2 prevede che “i contratti di affitto a coltivatori diretti, singoli o associati, hanno la durata minima di quindici anni, salvo quanto previsto dalla presente legge”. Una durata inferiore, pari a sei anni, è poi prevista dall’art. 3 L.203/1982 per i cosiddetti affitti particellari, ovvero per quei rapporti di affittanza che hanno ad oggetto uno o più appezzamenti di terreno siti in territori dichiarati montani, e non costituenti, neppure unitamente ad altri fondi condotti dall’affittuario, “un’unità produttiva idonea”.
Tale normativa, ha carattere imperativo, e quindi, in via di principio, è inderogabile, come del resto tutte le norme previste dalla L.203/1982. Ed infatti, l’art.58 di tale Legge prevede che le norme ivi dettate sono inderogabili, sanzionando con la nullità le pattuizioni che si pongano con esse in contrasto.
Tale inderogabilità subisce però un’eccezione all’art.45 della Legge 3 maggio 1982, n. 203, il quale consente alle parti, in presenza di particolari requisiti, di derogare pattiziamente alle norme dettate in materia di contratti agrari, e quindi anche quelle in materia di durata del rapporto di affitto.
Nel dettaglio, la norma stabilisce che “sono validi tra le parti, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari, gli accordi, anche non aventi natura transattiva, stipulati tra le parti stesse in materia di contratti agrari con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, e le transazioni stipulate davanti al giudice competente.
Nelle province di Trento e di Bolzano l’assistenza può essere prestata anche dalle organizzazioni professionali agricole provinciali”. La norma permette quindi alle parti di derogare alle norme dettate in materia di contratti agrari, e quindi anche a quelle in materia di durata del rapporto di affittanza agraria, purché tali accordi vengono stipulati con l’assistenza delle rispettive organizzazioni di categoria.
Sul punto è intervenuta la giurisprudenza chiarendo che “l’assistenza” che tali organizzazioni sono tenute a fornire non deve essere meramente formale, ma effettiva, essendo necessario che le stesse partecipino attivamente all’accordo, svolgendo un’attività di consulenza, di indirizzo e controllo, contribuendo a chiarire alle parti il contenuto e lo scopo delle singole clausole contrattuali che si discostino dalle disposizioni di legge affinché la stipulazione avvenga con la massima consapevolezza (Cass., Sez. VI, 27/07/2018, n.19906). Per derogare alla normativa agraria non sarà quindi sufficiente la mera presenza fisica del rappresentante dell’organizzazione di categoria, richiedendosi, al contrario, che lo stesso partecipi attivamente sia nella fase delle trattative che in quella di redazione dell’accordo. Ed infatti, ove risultasse provata l’assenza di un’effettiva assistenza delle organizzazioni professionali alla stipula dell’accordo in deroga, o l’assenza dei rappresentanti delle medesime alla stesura dei patti derogatori, questi dovranno ritenersi nulli, con conseguente loro automatica sostituzione con la corrispondente disciplina legislativa. Sul punto la giurisprudenza è estremamente chiara nell’affermare che in materia di rapporti di affittanza agraria le clausole derogatorie stipulate in violazione del disposto dell’art. 45 Legge 3 maggio 1982, n. 203, devono ritenersi nulle e, ai sensi dell’art. 1339 c.c., automaticamente sostituite con quelle legislativamente previste (Cass., Sez. III, 25/01/2018, n.1827).Le conseguenze della mancata assistenza delle organizzazioni di categoria alla stipula delle clausole derogatorie non sono quindi di poco conto.
Al fine di far comprendere al meglio quanto dianzi esposto si propone il seguente esempio. Poniamo che Tizio abbia affittato a Caio un terreno agricolo, e che nel contratto di affitto sia stata pattuita una durata del rapporto pari a cinque anni (in deroga alla norma di legge che in via generale prevede una durata di 15 anni), ed il tutto sia stato fatto senza l’assistenza delle organizzazioni di categoria. Ebbene, in virtù di quanto sancito dall’art. 45 della L.203/1982 la clausola derogatoria al dettato legislativo con cui la durata del rapporto di affitto era stata limitata a soli 5 anni, dovrà considerarsi nulla, e sostituita di diritto dalla durata legale del contratto di affittanza, pari a 15 anni. Caio potrà pertanto eccepire a Tizio la nullità della clausola contrattuale dianzi indicata, e coltivare i fondi concessigli in affitto per ben 15 anni.
Tramite l’istituto dei patti in deroga previsto dall’art. 45 della L.203/1982 è possibile derogare non solo al termine di durata del contratto, ma anche ad altri aspetti del rapporto di affittanza agraria legislativamente regolati, come, a mero titolo esemplificativo, alla normativa in materia di miglioramento fondiario o a quella dettata in materia di inadempimento contrattuale.
In conclusione, è quindi possibile derogare alle norme imperative dettate dalla L. 203/1982 in materia di contratti agrari, ma per far ciò le parti dovranno osservare quanto disposto dall’art. 45 della L.203/1982, facendosi assistere dalle organizzazioni di categoria.