L’età dei telefoni rari
Discorrere di telefoni oggi è banale: più che parlarne, serve usarli, a proposito e fuori tempo. Non c’è angolo ormai che si salvi dello squillo d’un cellulare, neanche la chiesa durante un servizio funebre. Per non dire delle strade, dei bar, della Trento-Male invasa da ragazzi che si mandano messaggi e attendono riposte.
La tecnica non ha fatto solo progressi: in questo ultimo decennio ha volato e battuto ogni traguardo pensabile dai nostri vecchi. Da un telefono pubblico – uno di numero, e nemmeno in tutti i paesi – si e passati ad un telefono a testa, quando non sono due o tre. Quasi come gli orologi, inflazionati ma sempre motto appetibili.
All’utente sfugge probabilmente la storia che c’è dietro al familiare aggeggio da comunicazione. Basta un’enciclopedia per rinfrescare le idee, telefono memo tecnico che riproduce il suono ad una certa distanza della sua fonte attraverso la trasmissione di un segnale elettrico (via cavo o via radio).
II principio alla base del telefono le stesso che fu utilizzato da Antonio Meucci (Firenze 1808 – New York 1889) nel 1871 e da Graham Bell (Edimburgo 1847 – Nuova Scozia Canada 1922) nel 1876: le vibrazioni della voce vengono usate per controllare una grossa fonte di potenza e create così una resistenza variabile in un circuito elettrico. Con accorgimenti particolari in partenza ed in arrivo negli apparecchi telefonici si provocano variazioni della quantità di elettricità che passa attraverso il circuito e quindi per la linea di collegamento.
Le applicazioni pratiche dell’invenzione si servono delle oscillazioni elettriche, che superano di circa un milione di volte la velocità del suono.
Oggi ci si è affrancati anche dal cavo usando altri strumenti per inviare il segnale (microonde) o servendosi di sistemi ottici o a fasci luminosi e basandosi sempre più spesso sui satelliti per le telecomunicazioni.
Alla fine degli anni ‘90 si è verificata l’enorme espansione della telefonia mobile, detta anche cellulare e divenuta di uso comune.
Nel 1941 – settant’anni fa – una tale inondazione non era neppur pensabile. Il numero personale (che oggi si fatica a ricordare perché se ne hanno più uno) era privilegio di pochi.
Ho sottomano il libretto che porta come titolo: “TELVE telefonica delle Venezie – Elenco ufficiale abbonati al telefono VENEZIA TRIDENTINA Provincie di: BOLZANO-TRENTO (edizione aggiornata al 31 dicembre 1941)”.
La guida è divisa in tre sezioni: Elenco alfabetico (63 pagine); Elenco numerico per Trento e Bolzano (15 pagine); Elenco per categorie (38 pagine) preceduto da 28 pagine di istruzioni sul servizio telefonico.
Alla pagina 3 spicca in grosse lettere un avviso che è spia del tempo “TELVE e SEAT chiedono la collaborazione di tutti gli utenti a segnalare le parole straniere e di origine straniera nonostante la miglior cura posta nella revisione si trovano ancora nel presente elenco, e nel proporre le corrispondenti parole italiane”.
Il Minculpop faceva il proprio dovere difendendo anche sulla guida telefonica la lingua patria, secondo il verbo del Duce.
In Val di Non e in Val di Sole il telefono era arrivato già verso il 1904, ma con pochissimi apparecchi. Il suo uso si intensificò durante la prima guerra mondiale al seguito delle truppe austroungariche. Negli anni seguenti erano stati impiantati i telefoni pubblici ed alcuni apparecchi necessari soprattutto alle banche ed ai carabinieri.
Risulta un esercizio simpatico controllare quanti telefoni erano in funzione allora da noi (siamo in seconda guerra mondiale). Per chiarezza, indico 1 per il telefono pubblico, seguito da + per gli altri apparecchi. Brez 1+2; Caldes 1+2; Castelfondo 1+1; Cavareno 1+4; Cavedago 1; Cles 1 + 37; Cloz 1; Cogolo 1+2; Coredo 1+1; Denno 1+2; Dermulo 1; Flavon 1; Fondo 1+9; Fucine 1; Malé 1+8; Malosco 1; Mendola 1 + 8; Mezzana 1+3; Mollaro 1; Peio 1; Pellizzano 1; Rabbi Acidule 1+ 3; Rabbi S. Bernardo 1+2; Revò 1+4; Romeno 1+4, Ronzone 1; Ruffré 1; Sanzeno 1+1; Sfruz 1; Smarano 1; Spor 1 + 2; Sporminore 1; Taio 1+4; Ton 1+1; Tret 1; Tuenno 1+5; Vermiglio 1.
In totale sono 141 telefoni, distribuiti in 37 paesi. Ogni località ha il suo bravo posto telefonico pubblico, dislocato presso rivendite tabacchi, alberghi, negozi, panifici, ristoranti, uffici postali, trattorie, caffè birreria, uffici locali della TELVE (come a Cles, a Fondo e Malé); in un caso il telefono pubblico è una persona privata (a Ronzone).
I Carabinieri reali sono titolari di 11 apparecchi nelle loro stazioni. I comuni dotati del servizio 15. La categoria più agguerrita è quella degli alberghi all’avanguardia per necessità di lavoro. Sono dotati di telefono esercizi commerciali, industrie ed imprese, banche e casse rurali. I privati sono netta minoranza.
Vien da restare sbalorditi se si confrontano i 38 telefoni di Cles con gli attuali oltre 2.000 numeri, o i 9 apparecchi di Malé nel 1941 con i circa 1200 di oggi. Oppure gli zero telefoni che contava allora Dimaro con i più di 1.000 odierni. Per non parlare dei cellulari, innumerevoli, che sono disinvoltamente esibiti anche dagli extracomunitari.
C’è da domandarsi quanta voglia e quanta necessità di comunicare manifesta il nostro mondo: segno del bisogno insopprimibile di sentire una voce, nel deserto di esteriorità e di superficialità che abbiamo creato.
(dal vol. “Storia e Storie nelle Valli del Noce”, Tip. STM, Fucine di Ossana, 2001).