Il covid inatteso è entrato nella chiesa
E così il covid-19 è arrivato, a minare tante certezze, a spezzare molti sogni, ad obbligare a comportamenti inusuali. Sarebbe stato impossibile pensarci chiusi in casa come uccellini in gabbia, impediti nei gesti più familiari che portano a relazione fra le persone. Invitati a stare alla larga da tutti: per amore!
Che contraddizione di termini!
Eppure è parso chiaro che in questo avremo potuto aiutarci ad evitare il contagio. Intanto cresceva ovunque il numero dei malati e purtroppo dei morti. In solitudine per aumentare il loro dramma e la fatica dei familiari.
“Il covid ci ha fatto scoprire un potenziale umano ricchissimo nei medici, negli infermieri, nei volontari che si son fatti in quattro per aiutare, negli operatori dei beni di prima necessità a servizio comunque delle persone anche a proprio rischio. Un segnale nella disgrazia di vera umanità”.
Anche a livello ecclesiale la prova è stata durissima. Mai avremmo pensato di dover chiudere le chiese e di chiedere alla gente di non prendersela. Infatti ancora adesso qualcuno è arrabbiato per quella decisione. Molte famiglie hanno riscoperto che è possibile pregare in casa. Siamo così in questi casi tornati come agli inizi quando non c’erano ancora le chiese e l’esperienza di fede era possibile solo a quel livello. Molti si sono fatti aiutare dai mezzi di comunicazione di massa. Pensiamo alle Messe delle dieci la domenica con il vescovo Lauro o delle sette del mattino ogni giorno con Papa Francesco: che dono! Al contrario è stato davvero impegnativo per i preti celebrare senza popolo. Perfino la Pasqua del Signore: che strazio quei banchi vuoti! E Deo gratias che a Cles eravamo sempre in quattro preti più chi suonava e cantava! I tre appuntamenti giornalieri (Lodi, Messa alle 18, preghiera delle venti) ci hanno dato l’opportunità di tornare in chiesa per diventare voce di tutti nella preghiera: che grazia!
Dopo i mesi della clausura i primi tentativi di vita sociale hanno evidenziato che in molti era rimasta grande la paura del contagio. Ma non solo: anche la disaffezione alla vita sociale, comunitaria ed ecclesiale. Costretti a stare lontani, molti lontani sono rimasti. In attesa della “seconda ondata”. E chi osava il rientro lo faceva sapendo di rischiare. Altri invece si lasciavano trasportare dal sogno del ritorno alla vita di prima.
E poi nell’autunno arrivava il secondo castigo che dal punto di vista ecclesiale non ha però impedito a chi voleva di frequentare la chiesa. Però ci ha costretti a lasciar perdere ogni appuntamento, salvo che nelle chiese. Per questo motivo bambini e ragazzi almeno una volta al mese tornavano ben distanziati nei banchi della chiesa per fare un piccolo percorso di preghiera e di riflessione. Ma erano pochi. Alcuni mai visti. Altri a singhiozzo perché costretti ai domiciliari dal virus di qualche compagno. La Quaresima si è dilatata nel tempo come quarantena: I matrimoni ancora rimandati, Prime Comunioni e Cresima in forse (e poi finalmente celebrate ma solo con i parenti).
Qualche eccezione c’è stata come la “Riconciliazione con assoluzione generale” prima di Pasqua. Non era stata molto reclamizzata ma di gente ne è venuta proprio tanta (un segnale forte da molte Comunità per i vescovi). Poi il Triduo pasquale molto partecipato quasi ovunque nelle sette parrocchie!
Di seguito credevamo che il vaccino che miracolosamente è stato in brevissimo tempo preparato potesse liberarci dal male. E così in parte almeno sta succedendo. Però oggi ancora c’è tema per le “varianti” e di “altre ondate” e quindi non siamo “liberi tutti”. Fatichiamo ancora a sopportare i limiti imposti. Però abbiamo fiducia. Ne danno prova le coppie che chiedono il Battesimo dei figli. Di celebrazioni dalla Pasqua ne vengono fatte davvero molte. Anzi ora come Chiesa diocesana incominciamo a preparare l’elezione dei nuovi Comitati parrocchiali (ultima domenica di novembre) e predisponendo il nuovo progetto di evangelizzazione che il vescovo Lauro desidera proporre. Perché in ogni Comunità ci sia un risveglio grazie al ritorno alla Parola di Dio che dovrebbe diventare cibo per tutti e non solo per i bambini/ragazzi della catechesi.
Sarà solo un sogno?
Eppure stiamo facendo pensieri nuovi: crediamo che molti genitori con i loro figli e i gruppi parrocchiali e tante altre persone ancora si lascino sorprendere dal desiderio di “incontrare la Parola”, cioè il Signore che parla. Per poi in piccoli gruppi negli oratori o nelle case, permettere che quella Parola illumini e arricchisca la vita.
Il Covid ci ha separato.
La Parola del Signore riuscirà ad unirci perché come popolo che ci sta diventiamo gente radunata da Lui che parla?
E questo potrà bastare per un nuovo cammino? Oltre la fatica dei giorni e la tremarella che molti sentono per nuove ondate di covid?
Don Renzo Zeni