Roén, la vetta e l’anello delle cinque malghe
Malghe presidio di bellezza e tradizione
Con l’estate e la ritrovata libertà dopo i mesi della pandemia cresce la voglia di aria aperta e di grandi orizzonti, e che cosa c’è di meglio di una passeggiata sul Monte Roén e le cinque malghe che gli fanno da corona?
Parte da qui questo mini tour ideale de “il Melo”, un percorso in cui abbiano incontrato malghe e malgari e una variegata realtà dove la tradizione e l’amore per conservare secolari usanze legate ad un’economia di sussistenza e che si intreccia con le necessità di una zootecnia che deve rapportarsi al mercato ed alla modernità.
Le malghe che incontriamo sono ben cinque, tutte ben ristrutturate e con un corredo di variamente ampie oasi di pascolo che vengono tenute ‘pascolate’ per preservare la superficie erbosa e limitare il rimboschimento che snaturerebbe il tipico paesaggio alpestre.
Delle cinque malghe solo due, Romeno e Sfruz/Smarano, sono attive per l’alpeggio con accordi di pascolo che riguardano anche le pertinenze di quelle di Amblar, di Don e di Sanzeno, che sono ‘rinate’ come accoglienti bivacchi e per ospitare feste ed iniziative a disposizione delle rispettive comunità.
La nostra passeggiata parte da Malga Romeno, che a quota 1783 slm è la più facilmente accessibile dalle vetture private transitando per il paese di Amblar o, a piedi, dal Passo Mendola passando per il rifugio Mezzavia.
La malga di Romeno
La malga di Romeno, che è affiancata anche da un fiorente agriturismo (che ha una gestione ed un’amministrazione a sé stante, NdR) appartiene al Comune di Romeno ed è affidata in concessione pluriennale al locale Caseificio sociale presieduto da Guido Lanzerotti.
Personaggio vulcanico ed appassionato di montagna e delle tradizioni montanare, Lanzerotti, 61 anni, ha le idee chiare su come deve continuare ad essere una malga per rispettare non solo la consuetudine ma anche l’attualità per quanto riguarda la conservazione dell’ambiente e l’economia zootecnica in linea con l’insostituibile funzione che essa svolge per la sopravvivenza stessa dell’habitat della mezza montagna.
La malga ha una potenzialità di carico di 70/80 UBA (Unità Bovina Adulta) e può contare su una superficie di pascolo di 75 ettari: in leggera regressione rispetto a qualche decennio fa per l’avanzata del bosco. Il pastore e malgaro, da ben 17 anni, è l’allevatore di Smarano Walter Ognibene, “persona molto esperta e qualificata, a cui ormai siamo tutti affezionati e della quale ci sentiamo pienamente sicuri” – chiosa il presidente Lanzerotti.
Il bestiame ‘caricato’ è rappresentato interamente da mucche affidate da soci del Caseificio di Romeno ma il latte prodotto non viene lavorato in malga. “La malga è dotata di un apposito contenitore refrigerato che consente di conservarne in pieno tutte le caratteristiche organolettiche del latte appena munto ma, anche su consiglio dell’ASL, preferiamo trasportarlo a valle a giorni alterni nel caseificio. Qui in estate produciamo una specifica linea di formaggi di malga, molto apprezzati dai clienti.” – afferma Lanzerotti.
Una produzione, quella del “formai da mont” che sta diventando una specie di nuova identità per la zootecnia trentina, provincia dove attualmente sono operative circa 190 malghe in cui si produce latte e di queste solamente la metà lo trasforma direttamente sul posto.
Le problematiche tecniche della produzione di latte in malga infatti sono del tutto simili a quelle che si possono riscontrare nelle aziende di fondovalle e sono anzi complicate dai vincoli organizzativi e gestionali che le condizioni ambientali comportano. Le produzioni di latte e di formaggi di malga sono infatti sottoposte alle stesse norme che riguardano il latte prodotto in aziende di valle.
La stretta relazione caseificio / malga è dunque una garanzia reciproca di qualità, e per questo Lanzerotti ringrazia il Comune di Romeno, proprietario della malga, “un Comune – spiega – che a differenza di altre Amministrazioni pubbliche trentine resiste alle sirene degli affidi in concessione con gare al rialzo che favoriscono speculatori e aziende spesso di fuori e che puntano ai sussidi piuttosto che assecondare gli scopi per cui le maghe storicamente sono nate secoli fa. Molto prima dunque del turismo, che oggi spesso vuole identificarsi con esse”.
Le malghe infatti – ricorda Lanzerotti – originariamente sono nate per dare un aiuto all’economia di sussistenza alle famiglie delle vallate la cui sopravvivenza dipendeva in gran parte degli animali in stalla e per i quali i mesi estivi in alpeggio erano un investimento in salute e salubrità. Ben prima dunque dell’attuale economia turistica per la quale le malghe, fortunatamente, stanno diventando un importante tassello non solo d’immagine ma di sostanza.
Seguendo un percorso circolare di sentieri ben segnati in senso antiorario rispetto alla vetta del Roén, da malga di Romeno si raggiungono in successione le malghe di Amblar, di Don, di Sanzeno e quindi, quasi in cima al monte da cui svetta con i suoi oltre 1900 msl di quota, si arriva alla seconda malga destinata all’alpeggio del bestiame, quella di Sfruz / Smarano.
Posizionata su catasto di Sfruz quasi in cima al monte Roén sul versante noneso, questa malga è una comproprietà tra il comune di Sfruz e l’ASUC di Smarano, ora frazione del comune di Predaia, e quanto a gestione è in capo alla società agricola semplice “Malga Roén Sfruz Smarano” con soci cinque allevatori della zona.
Presidente dal 2005 è Giuseppe Schwarz, classe 1984, giovane moglie e sette figli con stalla a Sfruz con un centinaio di capi di bestiame.
La malga come detto è una comproprietà tra il Comune di Sfruz e dell’Asuc Smarano ed ha un carico di 120 UBA (Unita Bovina Adulta), il malgaro ormai da anni è l’altoatesino (di Salorno ma ormai di casa a Vervò) Alan Franceschini, 39 anni, la disponibilità pascolabile di 120 ettari ‘netti’.
“Superfici che non solo fanno capo a Sfruz e Smarano ma anche ai comuni di Predaia e di Amblar/Don e Sanzeno per quanto riguarda il pascolo delle tre rispettive malghe. Questo in base ad accordi che vengono periodicamente rinnovati” – spiega Schwarz.
Su questo punto, unendosi al collega Lanzerotti, Schwarz ci tiene a ringraziare la Forestale per gli aiuti di miglioria del pascolo perché la malga è un presidio di bellezza che va conservato e difeso in un contesto naturale plasmato da secoli di rispettosa attività dell’uomo.
A differenza da malga Romeno, quella di Sfruz / Smarano ospita solo bestiame giovane ed ‘asciutto’, quindi senza necessità di mungitura e di dover trasformare il latte.
C’è in ogni caso un rapporto diretto tra la malga e il Caseificio Sociale di Coredo di cui sono conferitori tutti i soci della malga. Portare gli animali giovani all’alpeggio e garantire così al bestiame un più lungo periodo in cui possano muoversi in libertà aumenta la loro resi-
stenza a certe patologie, ne riduce lo stress dovuto alla permanenza in stalla in spazi ristretti durante il periodo invernale, favorisce un migliore sviluppo dell’apparato osteo-muscolare e allunga la vita stessa dell’animale. Aspetti positivi dunque per il benessere animale contrapposta alla ‘stabulazione’ di fondo valle, dove spesso le bovine vengono ancora mantenute in stalle a posta fissa, che limitano la possibilità di espressione del normale repertorio comportamentale degli animali.
Lo sottolinea l’ex presidente (fino a pochi giorni fa quando il testimone è passato a Mirco Endrizzi, NdR) del Caseificio sociale di Coredo, Lorenzo Biasi. “L’interesse del caseificio è appunto poter contare su mucche sane e questo è anche una garanzia di qualità. Condividiamo pure la responsabilità e l’importanza di conservare la ‘nostra’ montagna come i nostri vecchi ce l’hanno consegnata superando anni difficili dove andare in alpeggio era più la perdita che il guadagno perché portare il bestiame in montagna oltre al resto è un segno di amore per il territorio e tutta la comunità”.
Biasi, che come detto da poco ha lasciato la guida del Caseificio di Coredo, ringrazia della collaborazione i soci e i collaboratori e ribadisce l’impegno per continuare un’attività, quella dell’allevatore in montagna, che è un servizio e non solo professione. “Un segnale di ottimismo – conclude – arriva dalla crescita di interesse dei giovani per la zootecnia e per i pastori in malga. Gente nuova con carisma e voglia di fare ma è pur sempre un impegno gravoso solo in parte temperato dalla bellezza di vivere all’aria aperta e nella natura”.
Ai piedi del Monte Roén si trovano, tra boschi e prati, alcune malghe che si possono visitare seguendo un percorso circolare che include anche la vetta del monte, con vista panoramica sulle valli di Non e dell’Adige.
Il giro delle malghe – Il punto di partenza di questa escursione circolare per le malghe del Roén inizia in auto salendo la comoda strada che, attraverso il paese di Amblar, conduce a Bocca delle Valli (1.450 m.s.l.m.), dove è possibile parcheggiare. Da questo punto diverse strade forestali sterrate salgono verso il Monte Roén e ci portano al sentiero n. 531 che seguiamo in direzione di Malga Amblar (1.710 s.l.m.). é la prima delle malghe che si trova lungo la nostra escursione. Da qui, senza particolare dislivello, si prosegue sempre in direzione sud verso la Malga di Don (1661 s.l.m.) e la Malga di Sanzeno (1610 s.l.m.) Dopo questa tappa un sentiero in salita attraverso raggiunge la Malga di Smarano e Sfruz (1906 s.l.m.) e manca l’ultima salita di circa 200 m fino alla vetta del Roen. Camminiamo sul prato, seguendo i segnavia sparsi lungo la salita, in mezzo a un mare di fiori alpini: genziane, botton d’oro, orchidee, ranuncolo… ci sono pure delle stelle alpine. Arrivati in cima (quota 2.116 m) si apre la vista sulle valli e sui monti circostanti: dalle valli di Non e di Sole con le Dolomiti di Brenta e il gruppo Ortles Cevedale ai monti di Merano, alle Dolomiti orientali e la valle dell’Adige tra Bolzano e Trento. Scendiamo sul sentiero n. 500 alla Malga Romeno (ristorazione) a quota 1771 slm, dove finalmente è arrivato il momento di fare una pausa nell’attiguo agritur con ristorazione. Da qui in poco tempo si scende alla Bocca delle Valli, dove termina la nostra escursione.