Quanto é cambiata la frutticoltura in quarant’anni?
In una parola: moltissimo. La mia esperienza professionale mi consente di testimoniarlo in prima persona, ed il ricordo del passato può aiutarci ad apprezzare meglio i traguardi raggiunti.
Agli inizi degli anni ’80 si era già capito che le valli del Noce potevano essere una zona ideale per la melicoltura. Serviva però una frutticoltura più specializzata in alternativa a quella estensiva e consociata al prato da fieno praticata fino ad allora. Le varietà Golden D. aveva superato per interesse la stessa Renetta e altre vecchie varietà del passato; in qualche zona si poteva ancora trovare qualche impianto di pero. Le piante erano di grandi dimensioni e si autosostenevano, potevano vivere per decenni ma ci volevano troppi anni prima che iniziassero a produrre frutta ed erano di difficile gestione. Da qualche anno erano disponibili dei portinnesti che riducevano la taglia degli alberi risolvendo in buona parte le problematiche sopra esposte. Nel corso degli anni i nuovi impianti sono stati così realizzati dapprima con portinnesti di media vigoria ed ormai da un ventennio con i cosiddetti soggetti nanizzanti che ancora oggi caratterizzano i nostri frutteti. In quarant’anni, la produzione, in virtù dell’aumento delle rese per ettaro, si è così quadruplicata attestandosi attualmente attorno alle 400.000 tonnellate di mele su una superficie coltivata è di poco inferiore ai 7.000 ettari.
Gli impianti sono diventando via via sempre più intensivi e con un numero di piante che oggi si assesta sulle 3.500-4.000 per ettaro. Dalla forma di allevamento “a vaso” siamo passati al “fusetto slanciato”, ma oggi si guarda con interesse anche ai sistemi a “parete bassa”. Certamente è stato anche necessario studiare e realizzare delle strutture di sostegno delle piante e della produzione che garantissero stabilità e sicurezza.
L’assortimento varietale si è molto arricchito. Oltre alle tre varietà tradizionali sono arrivate negli ultimi quindici anni anche Fuji, Gala, Evelina e più recentemente Sweetango, Kizuri, Gradisca, Galant, Isaaq, Kissabel R201, Fengapi e UEB 6581.
Melinda ha sostenuto e guidato l’entrata di queste varietà consigliandone la collocazione negli ambienti più adatti alla coltivazione. Melinda, che associa tutte le cooperative delle valli dl Noce, è nata oltre 20 anni fa ed ha rappresentato una risposta fondamentale al mutare dei tempi.
La protezione sanitaria delle piante si è molto evoluta e, nei tempi più recenti, per ridurre il ricorso ai prodotti chimici si pone molta attenzione anche a pratiche complementari di tipo agronomico, meccanico e biologico. In altre parole si cerca di coltivare le piante senza forzature, intervenendo solo quando il rischio di danni alla produzione è alto, applicando su vasta scala tecniche come la “confusione sessuale” che evita di dover trattare contro certi insetti molto pericolosi. Dopo tanti anni di lavori di miglioramento genetico, oggi, anche le varietà resistenti o tolleranti a determinate patologie presentano caratteristiche soddisfacenti e quindi sono già introdotte per alleggerire la difesa chimica.
Negli anni’80 e ’90 le conoscenze sulla protezione delle piante erano piuttosto scarse a fronte di una enorme offerta di fitofarmaci spesso anche molto tossici per l’uomo. Era il boom della chimica che sembrava risolvere qualsiasi problema. Quando però alcuni fitofagi quali psille del pero e acari non erano più controllabili neppure con molti trattamenti si capì che qualcosa non andava e che anche la chimica aveva i suoi limiti. La ricerca stava già approfondendo lo studio degli equilibri biologici che in natura sono la base della vita stessa. Al contempo si studiavano gli effetti collaterali delle sostanze chimiche su queste dinamiche. Gradualmente sono stati così recepiti ed introdotti i concetti di una produzione integrata o biologica che considerava la protezione delle piante in un’ottica multidisciplinare.
Nell’ultimo ventennio, i prodotti fitosanitari in uso, per volontà europea, sono stati tutti revisionati e selezionati, da parte di varie commissioni di esperti, al fine di garantire maggiore sicurezza ambientale e tutela per la salute degli utilizzatori in primis, ma anche per tutta la collettività. “Disciplinari di produzione integrata certificata” e Regolamenti provinciali che normano i trattamenti in prossimità di zone sensibili garantiscono maggior sicurezza. In altre parole, in passato, per l’agricoltore era sufficiente riuscire a produrre facendo solo i conti con la propria abilità e madre natura, mentre oggi tutto è molto più complicato e difficile. Tuttavia, nel corso del tempo è fortemente cresciuta la formazione, l’informazione ed il senso di responsabilità dell’agricoltore. Anche i giovani agricoltori oggi intraprendono l’attività, quasi sempre, con una formazione qualificata. Specie per le nuove generazioni è stata importante anche l’avvento dell’era tecnologica. Computer, smartphone, internet ecc. hanno facilitato l’accesso e la circolazione veloce delle informazioni, ma in ogni caso non potranno mai sostituirsi all’esperienza personale.
Rispetto al passato, viene posta molta più attenzione anche in fase di distribuzione delle miscele in campo agevolata anche dalla disponibilità di macchine irroratrici moderne e di impianti più regolari e gestibili. Oggi l’obiettivo, oltre che proteggere adeguatamente le piante, è quello di contenere le dispersioni per evitare problematiche ambientali e sociali. Diversi lavori svolti dagli specialisti di Fem (Fondazione E. Mach) dimostrano che l’utilizzo di irroratrici dotate di dispositivi antideriva, se utilizzate correttamente ed in assenza di vento, sono in grado di contenere la deriva in maniera molto efficace.
Da qualche anno, a seguito dell’aumentata richiesta di prodotti biologici e della maggior attenzione verso i problemi ambientali, sono stati costituiti alcuni distretti a coltivazione bio. In questo caso, il frutticoltore sa di dover affrontare maggiori difficoltà nella gestione perciò deve essere particolarmente preparato e motivato. é inoltre indispensabile che il mercato assicuri, per i prodotti biologici, prezzi superiori che compensino anche l’inevitabile calo di produzione.
La buona redditività del settore frutticolo ha consentito, in questi anni, di incrementare e migliorare in generale la meccanizzazione delle aziende con particolare attenzione alla sicurezza e confort dell’agricoltore.
Nel campo della conservazione, lavorazione e commercializzazione delle mele abbiamo assistito ad una vera rivoluzione. Dai primi capannoni, di una volta, adibiti allo stoccaggio e cernita del prodotto, siamo passati a dei veri e moderni stabilimenti di lavorazione, confezionamento e conservazione delle mele. Alla stessa maniera le tecniche di vendita e marketing si sono evolute in maniera sostanziale.
In quarant’anni anche il clima è cambiato. C’è stato un incremento delle temperature medie e spesso le primavere sono molto precoci. Ciò espone la produzione, come abbiamo visto nel numero precedente, ai rischi delle gelate tardive. In alcune zone è aumentata la frequenza grandinigena spingendo spesso le aziende frutticole verso le coperture antigrandine con aumento dei costi ed oneri lavorativi. Si sarebbe potuto raccontare molto di più su questi temi, ma per motivi di spazio abbiamo dovuto fare molta sintesi.