La discendenza di Volcmaro di Burgstall
Pietro Spaur figlio di Baldassare (parte quarta)
(…continua da febbraio 2021)
Non si può tralasciare nella narrazione di un personaggio storico, il contesto in cui questi visse. Pietro Spaur raggiunse l’apice della sua carriera politica, allorché Ernesto I d’Asburgo sostituì il fratello minore Federico IV alla guida del Tirolo, in conseguenza dell’arresto e detenzione di quest’ultimo presso Costanza (periodo durato ben 10 mesi) per opera dell’imperatore del Sacro Romano Impero Sigismondo di Lussemburgo.
Il 28 marzo del 1416 Federico IV d’Asburgo fuggì, corrompendo il secondino di guardia e si rifugiò presso castel Berneck o Bernegg, nel Comune di Kauns in Tirolo (valle laterale nei pressi di Landeck), da un suo fedele amico Hanns Wilhelm von Müllinen; poco dopo marciò su Innsbruck, nell’intento di riprendrsi il Tirolo; qui egli aveva trasferito la sede della contea tirolese dalla precedente Merano. Venuti a conoscenza della fuga di Federico IV, molti nobili tra cui Pietro Spaur si riunirono rapidamente a Bressanone, città del vescovo loro alleato, allo scopo di mantenere il fratello Ernesto I d’Asburgo sul trono del Tirolo.
Anche in seguito gli Spaur ebbero ad avere un rapporto privilegiato con tale città, grazie alla nomina di vari Principi vescovo. Avvisato del pericolo, di una così fatta alleanza, Federico IV, non entrò in città, ma si mise in fuga, peregrinando di maso in maso al fine di nascondersi, con l’aiuto dei vari contadini, giungendo sino a Maia nei pressi di Merano dove si rifugiò in incognito presso un mulino, in attesa di momenti migliori. I contadini del Tirolo erano, per gran parte, in suo favore e si arrivò ad un passo dalla guerra civile con il fratello Ernesto I che non voleva più cedere la Contea; nel frattempo Pietro Spaur fu nominato “governatore del Tirolo”, in rappresentanza della nobiltà che appoggiava Ernesto I d’Asburgo; di tale titolo Pietro si fregiò per poco tempo in quanto, il ritorno attivo sulla scena politica tirolese di Federico IV, fu imminente grazie all’appoggio dei contadini e di parte della nobiltà, tra cui anche la famiglia Thun. Per evitare lo scontro civile si giunse finalmente ad un accordo tra i due fratelli, con Federico IV a cui veniva restituito il Tirolo, fatta eccezione per la città di Hall, con le sue importanti saline, Thaur nei pressi di Innsbruck, Ehrenberg a confine con la Germania (da non confondere con castel Ehrenburg presso Chienes in val Pusteria) ed alcuni castelli che spettavano ad Ernesto I. Di fatto l’accordo non durò poi molto, infatti il 1° gennaio del 1417 i due fratelli della famiglia Asburgo si accordarono affinché i territori del Tirolo per 5 anni, rimanessero indivisi tra i due.
Da risolvere era anche la diatriba con il vescovo di Trento, Giorgio I di Liechtenstein il quale aveva preferito appoggiare l’avanzata dei bavaresi nel territorio del Tirolo, a scapito dei duchi austriaci. Fu così costretto a chieder protezione, spostandosi di castello in castello, sino alla morte avvenuta il 20 agosto del 1419 presso castel Sporo-Rovina a Sporminore sotto la protezione di Pietro Spaur; la leggenda lo vuole morto per avvelenamento, ma di tale teoria non vi è alcun fondamento storico; molti concordano nell’attribuire le cause della sua morte (nascita 1360 – morte 1419), dovute al suo stato di salute, ormai compromesso e frutto delle vicende storiche che lo avevano profondamente segnato, non da ultimo il tentativo di sottomissione ad opera del prepotente ed autoritario Federico. Il Concilio di Costanza, prevedeva la restituzione delle terre possedute da Federico IV d’Asburgo, con in primis il Tirolo, in segno di pegno e sottomissione al volere del re ed imperatore Sigismondo di Lussemburgo; inoltre a lui veniva chiesto la riconsegna del papa temporale Giovanni XXIII. Degli emissari imperiali si recarono dal pontefice per convincerlo nel ritornare a Costanza da dove era fuggito; egli non fidandosi nominò tre cardinali quali suoi reppresentanti, ma il Concilio voleva lui in persona, con le buone o con le cattive maniere.
La situazione era ormai degenerata, se si pensa che solo poche settimane prima il re ed il patriarca di Antiochia (rappresentante della cristianità d’oriente) avevano baciato a lui i piedi come segno di sottomissione a nome di tutta la cristianità, ora Giovanni XXIII (nome in onore del padre) si trovava accusato di ogni efferatezza e ritornato nella veste di Baldassare Cossa si dichiarò assoggettato al volere del Concilio di Costanza che prevedeva inoltre l’abdicazione degli altri due papi, l’uno ad Avignone e l’altro a Roma. Pochi giorni dopo fu portato nelle segrete di castel Gottlieben nei pressi del lago di Costanza (in Svizzera a confine con la Germania) ed affidato al principe elettore del Palatinato (Ludovico III dei Wittelsbach marito in seconde nozze di Matilde di Savoia) che poi lo portò a Heidelberg (in Germania nei pressi di Mannheim tra Stoccarda e Francoforte) dove visse per un anno, con trattamento almeno decoroso. Quando il Concilio paventò il rischio che egli potesse fuggire, venne spostato a Mannheim sempre sotto la stretta custodia del conte del Palatinato. Rimase li finché il suo successore, Martino V, non lo liberò dalla prigionia, dietro pagamento di una copiosa somma. L’ex papa Giovanni XXIII (per la storia detto antipapa) poté così fare ritorno in Italia, dopo quasi due anni, sotto la protezione dall’amico fidato Giovanni Bicci de Medici, in quel di Firenze, ove morì l’anno successivo il 22 dicembre 1419. Da cardinale aveva cercato di fare da intermediario tra il papa romano Gregorio XII e quello avignonese Benedetto XIII, appoggiando poi nel Concilio di Pisa del 1409, Benedetto XIII; tale Concilio fu finanziato con i beni dello stesso Cosso e con l’aiuto del Comune di Firenze oltre che di Luigi II d’Angiò. Il Concilio di Pisa aveva deposto i due pontefici, quello romano e quello avignonese, eleggendo come unico papa Alessandro V, il quale dopo appena dieci mesi morì; il successivo Conclave che si tenne a Bologna nel maggio del 1410 elesse papa lo stesso Baldassare Cossa poi sotto il nome di Giovanni XXIII.