Flash di agricoltura
Gelate tardive, sempre pericolose
Il settore frutticolo è sempre più frequentemente esposto ai rischi delle gelate primaverili tardive. La tendenza degli ultimi anni è quella di avere primavere precoci, con risveglio vegetativo delle piante anticipato, e successivi ritorni di freddo con gelate notturne. Anche quest’anno, dopo un fine marzo-inizio aprile molto caldo, è ritornato il freddo con minime che hanno raggiunto i 5–7° sotto lo zero.
In genere, per qualche giorno, si assiste ad un sensibile raffreddamento di tutto l’ambiente causato dall’arrivo di grandi masse d’aria molto fredda e secca da Nord-Est. Nelle ore notturne poi, già a partire dalla mezzanotte o prima, le temperature possono scendere progressivamente di vari gradi sotto lo zero soprattutto quando cala la ventosità e l’aria più fredda si abbassa.
I danni alla produzione possono essere più o meno gravi secondo l’intensità e la durata del freddo, in rapporto anche alla fase fenologica in cui si trovano le piante. Lo stadio più delicato, in cui il gelo può ridurre drasticamente la produzione, è quello della fioritura. Così è successo con le gelate in piena-fine fioritura del 1997 e del 2017, con perdite drammatiche, di oltre il 70% sul totale.
In altre annate, come il 2003, il 2008, il 2012, il 2016, il 2019, il 2021 e il 2021 abbiamo avuto gelate in epoca precedente la fioritura delle piante. In questi casi i danni alla produzione sono prevalentemente localizzati e di tipo qualitativo con gravità molto variabile da zona a zona. Per la difesa delle gelate, come per le altre avversità atmosferiche, le aziende utilizzano la copertura assicurativa. Va però considerato che, secondo le direttive europee degli ultimi anni, la logica di copertura dei rischi prevede risarcimenti solamente con eventi calamitosi piuttosto gravi. La difesa attiva classica ed efficace si basa invece sull’attivazione degli impianti irrigui per aspersione. L’acqua distribuita sulle piante, trasformandosi in ghiaccio, libera calorie e riesce a mantenere la temperatura degli organi verdi a circa 0°. Questo sistema richiede però uno specifico impianto a pioggia sovrachioma e la disponibilità di grandi quantitativi d’acqua (35-40 mc\ora\ettaro). Con questo sistema, nelle valli del Noce, sono attualmente coperti 45 ettari a Denno e 63 a Mollaro.
E’ in fase di studio un sistema antibrina con distribuzione dell’acqua solamente lungo i filari anziché su tutta la superficie; in questo modo si risparmierebbe circa il 50% di acqua.
Per la difesa degli impianti di ciliegio, da qualche anno, si opera la chiusura del frutteto con i teli antipioggia. All’interno poi vengono accesi un certo numero di fornelli a pallet o ceri di paraffina. Il sistema è piuttosto oneroso ed i risultati non sempre soddisfacenti.
Irrigazione ragionata
Che l’acqua sia sempre stata indispensabile anche in agricoltura lo testimoniano gli enormi sforzi già fatti, decenni fa, dai vari consorzi irrigui, per realizzare le prime opere di canalizzazione. In genere nel periodo estivo era ed è necessario irrigare per salvare le produzioni agricole, in caso di siccità. I cambiamenti climatici in corso negli ultimi decenni hanno reso più frequente il verificarsi di eventi climatici estremi; periodi prolungati di piogge intense a volte si alternano a prolungati periodi secchi. Non è raro nemmeno il verificarsi di inverni e primavere molto asciutti dove viene a mancare una riserva preziosa come la neve in montagna. Questo è anche il motivo per cui negli ultimi anni diversi consorzi sono stati indotti a realizzare importanti bacini artificiali per costituire riserve idriche. L’acqua sta diventando un bene sempre più prezioso per l’umanità ed è doveroso usarla razionalmente in tutti i settori.
Anche l’agricoltura può fare la sua parte. In frutticoltura negli ultimi due decenni si è passati da sistemi irrigui sovrachioma, a maggior dispersione, a quelli sottochioma decisamente più efficienti. Tuttavia anche questi moderni sistemi richiedono un utilizzo più ragionato.
Quando si verifica una pioggia abbondante (di 40-50 mm) con suolo asciutto, il terreno tendente al sabbioso ne può trattenere 20-25 mm, mentre il terreno tendente all’argilloso ne trattiene la totalità. Nella gestione dell’irrigazione questo va tenuto ben presente. L’ottimale sarebbe quello di modulare l’irrigazione secondo le caratteristiche dei terreni. Per poter far questo è necessario che i vari settori dell’impianto irriguo vadano ad interessare aree di terreno uniforme. Ciò deve essere tenuto in considerazione già in fase di progettazione avvalendosi anche di uno strumento prezioso qual è la carta dei suoli. Questa carta implementata nel corso degli anni è consultabile sul sito: FEM http://meteogis.fmach.it/cartaSuoli/indexnew.php Il fabbisogno d’acqua per le piante varia secondo l’età, l’epoca stagionale e l’andamento delle temperature che influenzano la traspirazione. Questo dato stimato è disponibile sulla rete meteo del sito Fem. Anche la dislocazione in campo di tensiometri a scheda in grado di inviare i dati al PC o allo Smartphone sono un ottimo strumento per dirci quando e dove irrigare. Spesso, per non scontentare nessuno, il consorzio eroga molta più acqua del necessario. Troppa acqua, non solo è uno spreco, ma può creare danni. Nei terreni sabbiosi crea dilavamento dei nutrienti mentre nei terreni argillosi asfissia radicale.
Regolazione del carico di mele sulla pianta
Solamente da una ventina di anni si effettua questa importante pratica. Nei decenni passati era prevalente il rischio di avere una carica debole specie con clima piovoso in fioritura. Cos’è cambiato? Negli ultimi due decenni, gradualmente, si è passati da portinnesti forti a portinnesti deboli, è aumentato il numero di varietà coltivate, è stato migliorato il servizio d’impollinazione ed è aumentato il ricorso ai fitoregolatori. L’insieme di questi fattori ha facilitato di molto l’allegagione. Quando però una pianta porta troppi frutti c’è un forte peggioramento della qualità ed il concreto rischio che l’anno successivo la fioritura sia debole o nulla. Per l’azienda frutticola è fondamentale, per salvaguardare il proprio reddito, regolare correttamente la carica per ottenere una produzione abbondante ma anche di ottima qualità e costante negli anni. La tendenza ad allegagioni forti e/o all’alternanza di fioritura è diversa a seconda della varietà. Normalmente la regolazione della carica passa attraverso l’utilizzo in pianta di prodotti specifici e successivamente un completamento manuale in estate. Di solito si parla di strategia di diradamento chimico perché servono più interventi secondo la varietà e l’annata. E’ fondamentale per l’agricoltore individuare la strategia migliore per ottenere dei buoni risultati. Va comunque sottolineato che il risultato dipende moltissimo anche alle condizioni climatiche in cui si interviene che influiscono sull’assorbimento di questi prodotti. Il lavoro manuale dovrebbe ridursi ad una rifinitura che punta ad eliminare i frutti più piccoli e difettosi. In questi casi sono sufficienti 120-150 ore ad ettaro. Quando però il diradamento chimico è stato insufficiente possono servire fino a 300-350 ore ad ettaro. In questi casi ne consegue un forte aggravamento dei costi a causa di una maggiore necessità di manodopera esterna difficile da reperire e non sempre abbastanza specializzata.