Melanconica primavera
Il lockdown invernale è stato lungo ma la primavera non sembra essere quella a cui eravamo abituati con un meteo che alterna caldo e picchi di freddo e le aperture a singhiozzo. Ma di bella stagione pur sempre si tratta e con le vaccinazioni che avanzano, cresce la speranza verso il ritorno alla normalità . . . con prudenza. Perché, come ha scritto sulla stampa il presidente dell’Istituto Italiano Studi Storici, Natalino Irti “non ci sono miracoli nella storia umana: c’è quel che a mano mano conquistiamo e poi perdiamo. Ciò che prima raggiungiamo e poi ci viene tolto”.
Il riferimento è ovviamente alla pandemia la quale, oltre ai pesanti riflessi sanitari ed economici che sta provocando da un anno e mezzo, è anche un appello “al risveglio della coscienza e della volontà dell’individuo che deve rapportarsi a scelte personali e decisioni calate dall’alto, con un prezzo da pagare in termini di libertà”.
In questi mesi il tema di fondo sono i vaccini, la loro efficacia e anche la loro ‘obbligatorietà’ anche se da giornali e TV piovono in continuazione pareri e contro pareri di virologi, politici e giornalisti con una confusione che mina la fiducia del cittadino.
“Se la vita appartiene all’individuo, è a lui che tocca decidere se asservire le restrizioni alla libertà e dunque se vaccinarsi o no. Ma se la vita appartiene anche alla comunità è doveroso introdurre obblighi, anche sui vaccini” – è il ragionamento del citato storico.
Dopo oltre un anno di chiusure e di lockdown più o meno ferreo adesso siamo arrivati al ‘rischio ragionato’ della ripartenza per tante categorie rimaste al palo e senza veri e seri ristori. è sempre più evidente infatti che con la pandemia da Covid 19, e le relative varianti, bisognerà convivere per un bel pezzo, e con le chiusure indiscriminate si rischia il deserto sociale oltre che economico. Ben vengano dunque le decisioni (non gli annunci, perché di quelli ce ne sono già stati in abbondanza!) del nuovo primo ministro Mario Draghi che rendono palese il cambio di marcia e danno il via alla tanto auspicata ripartenza. Ma non c’è tempo da perdere. I consumi delle famiglie italiane sono tornati ai livelli del 1997, e in base agli ultimi conti nazionali Istat, attualizzati ai prezzi del 2020, la spesa finale interna è crollata del 12,3% l’anno scorso. Un duro colpo che riporta il dato a prezzi costanti indietro di 24 anni. La pandemia ha giustificato e reso legittima la creazione di debito che in Italia sfiora ormai il 160% del Pil, ma sempre di debito si tratta che andrà ad aggravare sulle nuove generazioni. Per questo la vera sostenibilità deve far perno sulla crescita. Ma bisogna muoversi rapidamente anche se sull’efficacia delle scelte rimane, come una pesante spada di Damocle, la complessità del nostro sistema pubblico e la farraginosità della burocrazia, l’unica a non risentire degli effetti pandemici ed a non trarne conseguenze di cambiamento. C’è attesa per le ricadute dei fondi europei del tanto evocato Recovery Plan che possono rappresentare un’ultima spiaggia anche per la soluzione di endemici colli di bottiglia che limitano, nelle valli, occasioni di sviluppo.
Uno di questi è la viabilità, nodo che “il Melo” cerca di affrontare mese per mese seguendo un filo logico di importanza e dando conto di quanto è stato fatto o non fatto, e dando voce alle persone ed alle nuove idee. Ma in agenda ci sono anche tanti altri campi dove la ripartenza post epidemia è un’opportunità di cambiamento. Anche su di questi fronti siamo pronti a cogliere idee e a proporre stimoli.