Universitari trentini: da Innsbruck a Trento
Con la pandemia sono passate in secondo piano varie realtà, come quella scolastica, che sembra più di scontro politico che di interesse comune.
A proposito di scuola, va ricordato che la forma più alta di istruzione è quella universitaria. Essa si è stabilizzata lungo i secoli e attualmente risulta assai diversa dalle origini. Secondo Treccani l’università è la “istituzione o struttura didattica e scientifica di ordine superiore, pubblica o privata, articolata in facoltà, corsi di laurea, dipartimenti e istituti, in scuola speciali, … che ha il compito di rilasciare titoli accademici e professionali”.
Si formarono varie associazioni di scolari, ancora nel Medioevo. Di solito si citano gli Studi di Bologna e di Parigi: nella città emiliana erano prevalenti gli interessi per il diritto canonico e civile, e si era formata una “universitas” degli studenti, con una certa autodeterminazione, mentre in Francia prevaleva la “universitas” dei professori. Questo avveniva ancora nel XII secolo.
A Trento, oltre 60 anni fa, si era interessata la Università Cattolica, che voleva aprire qui una sede o almeno un biennio in scienze forestali. Ne aveva fatto richiesta il Presidente della Provincia avv. Bruno Kessler.
Però, dimenticando quanto aveva domandato – ne fa fede una lettera del prof. Francesco Vito, rettore della Cattolica in data 27 marzo 1962 – Kessler volle una Facoltà di Sociologia, che poco dopo procurò al Presidente e alla popolazione trentina forti grattacapi specialmente nel biennio 1967-68.
Nei nostri giorni l’Università trentina si è molto allargata, con tante facoltà di sicura eccellenza, da ultimo anche per medicina.
Durante tutto il 1800 Trento avrebbe voluto una sede universitaria in lingua italiana. In particolare negli ultimi decenni del secolo la situazione si era complicata. Il Regno d’Italia aveva inglobato il Veneto e le facoltà di Padova, verso cui gravitavano molti studenti trentini e triestini, divennero quasi irraggiungibili da essi.Erano come obbligati a frequentare Vienna, per gli studi umanistica, Graz (per la facoltà scientifiche) e Innsbruck, dove la lingua obbligatoria era il tedesco.
Si fece strada l’idea di una facoltà in italiano presso la sede di Innsbruck, che avrebbe soddisfatto le esigenze di Trentini e Triestini di madrelingua italiana. Già ai tempi del card. Cristoforo Madruzzo, nel 1553, era balenata l’idea di una Università a Trento. Ma poi tutto era stato messo a tacere, e Innsbruck ottenne la sua Università nel 1667, sede completata però solo nel 1869.
I tempi sembrarono maturi agli inizi del secolo XX: il 23 novembre 1903 fu inaugurata la Università Libera di Innsbruck, destinata a diventare un polo di attrazione per studenti trentini e triestini che parlavano italiano.
Il grande esperimento durò tuttavia solo un anno. Fra di loro c’erano anche Cesare Battisti e Alcide Degasperi, che difendevano da studenti universitari il diritto alle lezioni in italiano.
Al fatto, che si concluse con l’arresto, erano presenti anche studenti dei nostri paesi: Ernesto Anselmi di Brez, Giuseppe Bontempelli di Pellizzano, Giuseppe Covi di Cavareno, Rodolfo Dalpiaz di Coredo, Giuseppe Dal Ri di Pavillo, Ciro Endrizzi di Croviana, Vigilio Fedrizzi di Nanno, Giuseppe Grandi di Tuenno, Rodolfo Grandi di Tuenno, Antonio Ramponi di Malè, Paolo Ravelli di Presson, e Guglielmo Bertagnolli (abitante a Innsbruck, ma nostro conterraneo). Segno della tradizionale sete di cultura dei nostri paesi.
Finiva così, per puro caso senza sangue, la avventura tirolese dei trentini e triestini. Ci vollero però quasi altri 60 anni per realizzare il sogno di ottenere per Trento una sede universitaria.