Pratiche successorie: come “sbloccare” il conto corrente lasciato dal defunto

Pratiche successorie: come “sbloccare” il conto corrente lasciato dal defunto

Nelle scorse edizioni de “il Melo” abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulle pratiche successorie, ed in particolare sull’onere di presentazione della dichiarazione di successione e sugli adempimenti necessari per giungere all’intavolazione dei diritti immobiliari presenti nell’asse ereditario. In questo articolo proseguiremo il nostro viaggio nelle pratiche successorie, soffermandoci sugli adempimenti necessari a “sbloccare” il conto corrente e gli altri rapporti bancari lasciati dal de cuius.

Ed infatti, gli istituti di credito, non appena giungono a conoscenza della morte del proprio cliente, provvedono a bloccare i rapporti bancari intestati a quest’ultimo, al fine di evitare prelievi da parte di soggetti non legittimati.

Onde evitare le problematiche conseguenti a tale “blocco”, i chiamati all’eredità talvolta effettuano prelievi dal conto del defunto prima di comunicare alla banca il suo decesso. Tale pratica è senz’altro da sconsigliare in quanto espone chi la pone in essere ad alcune gravi ripercussioni.

Ad esempio, l’autore del prelievo non potrà più rinunciare all’eredità. Ed infatti tale soggetto, essendosi appropriato di una parte del patrimonio ereditario, ha in siffatta maniera accettato l’eredità tacitamente, ed in modo puro e semplice, ed è così diventato erede del defunto. In quanto tale sarà tenuto a rispondere anche dei debiti contratti in vita dal de cuius. Ma chi effettua tali prelievi si espone anche a rischi di carattere penale, potendo gli altri chiamati all’eredità far valere nei suoi confronti l’indebita appropriazione del denaro prelevato.

Si consiglia pertanto di comunicare immediatamente alla banca il decesso del proprio caro, e provvedere al ritiro del denaro ereditato solamente dopo aver espletato le necessarie pratiche successorie.

Per ottenere lo “sblocco” dei rapporti bancari intestati al de cuius i suoi eredi dovranno presentare all’istituto di credito una copia della dichiarazione di successione, unitamente all’attestazione dell’avvenuto versamento delle relative imposte. Sull’onere di presentazione della dichiarazione di successione ci siamo già soffermati nell’edizione de “il Melo” di gennaio.

Per quanto rileva ai fini del presente articolo, ci limitiamo a ricordare come questo sia un adempimento di natura fiscale, con cui i chiamati all’eredità dichiarano all’Agenzia delle Entrate il valore dell’eredità lasciata dal defunto, così da consentire alla stessa di liquidare le imposte che gli eredi saranno poi tenuti a versare allo Stato. La presentazione della dichiarazione di successione all’istituto di credito non sarà necessaria qualora il patrimonio retro lasciato dal de cuius abbia un valore inferiore ai 100.000,00 euro, e nello stesso non siano ricompresi diritti immobiliari.

Altro documento solitamente richiesto dagli istituti di credito è la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, cioè una dichiarazione redatta e sottoscritta dallo stesso interessato ed autenticata da un pubblico ufficiale, attestante il luogo e la data del decesso del de cuius, i dati anagrafici di quest’ultimo e l’elenco dei suoi eredi.

Ove la successione sia regolata da un testamento sarà necessario consegnare alla banca anche copia dell’atto di pubblicazione della scheda testamentaria o indicare gli estremi della sua pubblicazione con l’elencazione degli eredi. Fornita la documentazione dianzi indicata all’istituto di credito, quest’ultimo provvederà a svincolare i rapporti bancari intestati al de cuius, ed a versare a ciascun erede la parte di spettanza.

Quanto sin qui detto vale per i rapporti bancari intestati in via esclusiva al de cuius, diversa è invece l’ipotesi in cui il defunto sia titolare, unitamente ad un altro soggetto, di un conto cointestato a firma disgiunta. In questo caso, infatti, la banca potrà versare in favore del cointestatario superstite l’importo corrispondente alla quota parte del conto spettante a quest’ultimo, bloccando solo la quota riconducibile al de cuius.

Esemplificando, poniamo che Tizio e Caia siano marito e moglie, abbiano due figli, e siano titolari di un conto corrente cointestato a firma disgiunta. In questo caso, alla morte di Tizio la banca potrà bloccare solamente la metà delle somme presenti sul conto, rimanendo la restante metà nella disponibilità di Caia, la quale potrà quindi prelevare fino al 50% della giacenza presente sul conto.  Per quanto attiene alla somma rimasta bloccata, la stessa, una volta che il coniuge superstite o i figli avranno consegnato all’istituto di credito la documentazione sopra meglio descritta (l’eventuale dichiarazione di successione con attestazione dell’avvenuto versamento delle imposte, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, ed il testamento, ove presente) verrà svincolata e suddivisa tra gli eredi in proporzione alle rispettive quote.

Ancora diverso è il caso in cui il defunto sia intestatario, unitamente ad altro soggetto, di un conto corrente cointestato a firma congiunta. In questo caso, infatti, il conto verrà “congelato” dalla banca, la quale svincolerà le somme presenti sul medesimo solamente in seguito alla presentazione della documentazione sopra meglio descritta. Da ultimo si osserva come gli istituti di credito non siano tenuti a consentire ai chiamati all’eredità il prelievo dal conto del de cuius delle somme necessarie a far fronte alle spese funerarie, tuttavia alcuni istituti di credito, in via del tutto eccezionale, prima di “bloccare” il conto, e con l’assenso di tutti i chiamati all’eredità, ammettono il prelievo di piccole somme di danaro per affrontare tali esborsi.

avv. Daniele Leonardi