Roén, vent’anni fa lo stop agli impianti in quota
Cronaca di una scelta che ha ‘salvato’ l’Alta valle di Non
Il futuro si costruisce guardando avanti ma senza dimenticare quello che c’è stato o quello che, di bello o negativo, si è già fatto in passato. Guardando con gli occhi di oggi ma senza ignorare i contesti che all’epoca avevano giocato pro o contro una scelta che ha ricadute anche nell’oggi.
E’ questo lo scopo che “il Melo” vuole dare alla ricostruzione, attraverso le cronache dei giornali, della vicenda Roén che aveva tenuto banco per oltre trent’anni in Alta valle di Non: dal 1967, anno di fondazione della società privata “Sviluppo Monte Roén” fino al dicembre 2000 quando la Provincia, dopo la bocciatura del VIA (Valutazione Impatto Ambientale), ha definitivamente archiviato il progetto. Da allora di impianti sul Roén non si è più parlato ma è ancora di attualità il tema dello sci per dare anche alla valle di Non qualche chance turistica invernale in più come dimostrano gli sforzi di ammodernamento in corso da parte della Altipiani val di Non, società per azioni che per l’88,23% appartiene del capitale sociale fa capo ai Comuni della sponda sinistra dell’Anaunia (da Ton e Ruffré Mendola) con quote che variano da un massimo del 26,34% del comune Predaia al minimo del 3,56% di Ton . Il restante 12% è suddiviso tra 300 soci privati. Il Roén, come la Mendola, è pure il monte ‘di casa’ dei comuni altoatesini di Caldaro, Appiano e Termeno, sempre attenti a quello che succede in quota sopra il loro territorio, ed è dunque di interesse sovra provinciale.
Ad aiutarci in questa rivisitazione, altre a testimonianze e a qualche ricordo diretto, è il “Dizionario Trentino” di Mauro Lando, che ringraziamo della cortese disponibilità, ed il corposo dossier raccolto in tema da Giuseppe Wegher, già sindaco di Sanzeno ed all’epoca dei fatti per un periodo assessore all’urbanistica dell’allora Comprensorio C6.
Il Roén è un massiccio a sè stante, alto 2116 m slm con il versante ad est a strapiombo sulla Valle dell’Adige, verso Bolzano. Ad ovest invece digrada verso la val di Non articolandosi in una serie di valli e crespature montuose dove oltre alle praterie nella zona più alta, vi sono boschi con abeti, pini larici, faggi, castani, e malghe. È sostanzialmente una montagna selvaggia perché, salvo che in prossimità del passo della Mendola, non ospita insediamenti umani importanti.
Dalla Spa privata al Consorzio dei Comuni
Il progetto ‘Roén’ ha inizio il 23 maggio 1967 con la formazione della società “Sciovie monte Roén” di cui, dal 1970 al 1972, fu presidente l’ex politico (noneso doc) Enrico Pancheri in quanto presidente del Consorzio dei Comuni dell’alta Anaunia. Quando nel 1972 venne nominato assessore provinciale ai trasporti, Pancheri si dimise dall’incarico per ragioni di incompatibilità lasciando il posto a Giovanni Recla, di Ronzone. Il progetto della “Sciovie monte Roén” era ambizioso ed in qualche modo collegabile a Fassalaurina, la fallimentare operazione immobiliare di insediamenti in quota realizzato nel comune di Mazzin, in Valle di Fossa: una “Fassalaurina due” sul Roén naufragata prima ancora di nascere.
Qualche anno dopo fu fondata la “Società di sviluppo del monte Roén”, di cui era presidente il trentino dottor Ezio Copat, allo scopo di arrivare alla valorizzazione della montagna con il sostegno delle amministrazioni comunali. Tale iniziativa – ricorda Lando nel citato Dizionario – era appoggiata anche dal consorzio delle Pro Loco ed il Consorzio turistico commerciale sulla base della convinzione che il territorio dell’Alta Anaunia, privo della coltura della mela e con un’attività industriale pressoché assente, non potesse reggersi solo sull’artigianato e su un turismo unicamente estivo.
Da qui la volontà di creare sul Roén un polo sciistico così da imprimere una nuova spinta turistica in zona e la sollecitazione alla Provincia a sostenere l’iniziativa.
La società del presidente Copat nell’ottobre 1983, un mese prima delle elezioni regionali e provinciali, organizzò un convegno a Fondo invitando il vicepresidente della Giunta provinciale Giuseppe Avancini, l’assessore al turismo Mario Malossini e l’assessore Remo Jori.
Non si mosse nulla fino al 1985 quando la Giunta provinciale del presidente Flavio Mengoni diede il via alla revisione del Piano urbanistico nel quale si indicava che solo dal passo della Mendola vi fosse l’accesso sciistico al Roén.
Il Piano Urbanistico Provinciale
Troppo poco per i Comuni che altoanauniesi che puntavano invece ad un accesso sciistico da Amblar (Bocca delle Valli) già servito da una strada camionabile realizzata dai Comuni ed anche i comuni di Coredo, Smarano, Sfruz, Tres, Vervò e Taio, si mobilitarono per vedersi riconosciuta una via sciistica al Roén anche dal loro versante, la Predaia. Contemporaneamente i Consigli comunali vennero chiamati ad esaminare un nuovo progetto di sviluppo, ma inevitabilmente si levarono le polemiche. Era infatti in discussione la creazione sul Roén di 30 chilometri di piste, un totale di un ettaro e mezzo di parcheggi e tutto il contorno di edifici e strade.
La critica più diffusa negli ambienti naturalistici era che si voleva ripetere lo schema degli insediamenti turistici già realizzati in altre zone del Trentino senza pensare ad uno sviluppo dalle caratteristiche più naturalistiche. Ormai però la direzione era stata presa per cui si puntò sulla stazione sciistica di quelle dimensioni.
Nel maggio 1986 a Fondo si tenne l’assemblea della società per il Roén presieduta da Cornelio Torresani ed in quella occasione fu avanzata la richiesta di nuove sottoscrizioni tramite un aumento di capitale per due miliardi, fondi da reperire dai Comuni (mezzo miliardo) e il resto da investitori privati.
Su questo tema il sindaco di Sarnonico Livio Covi propose che le amministrazioni sottoscrivessero la loro quota di mezzo miliardo quando i privati avessero corrisposto la loro quota di un miliardo e mezzo. Lo studio di fattibilità, predisposto dallo studio del dottor Rosati di Romeno, era già pronto da qualche mese ma per procedere mancava l’esecutività della variante del piano di fabbricazione (Pdf) di Amblar dove gli impianti erano previsti. Il che impediva ogni decisione concreta.
In quel periodo si mosse anche la “Funivie Mendola Roén S.p.A.”, che possedeva la seggiovia Mendola Campi da Golf – Mezzavia con l’apporto dell’imprenditore bolzanino Giancarlo Fazzi.
Il momento atteso arrivò nel gennaio 1987 quando la Giunta provinciale (presidente Pierluigi Angeli) approvò le varianti al piano di fabbricazione di Cavareno e Amblar: con questa nuova regolamentazione urbanistica era diventato possibile realizzare, accanto all’esistente impianto di risalita dai campi di golf della Mendola al rifugio Mezzavia, anche altri impianti da malga Mezzavia a Prà Marin, da Prà Marin a Cima Roén, da Bocca delle Valli a malga d’Amblar, da malga d’Amblar a Cima Roén. Fu invece stralciato il tracciato da Bocca delle Valli a Prà Marin.
Gli assessori provinciali al turismo Mario Malossini e all’urbanistica Walter Micheli spiegarono in un’assemblea a Cavareno che quella approvata era una regolamentazione urbanistica, mentre per la costruzione degli impianti erano necessarie tutte le autorizzazioni ambientali. Malossini in particolare – come hanno riportato i giornali dell’epoca – aveva invitato a puntare più verso lo sci da fondo.
Due anni dopo (1989) si ebbe un primo sopralluogo sul tragitto delle ipotizzate funivie. Vi parteciparono funzionari del servizio piste della Provincia, i tecnici della MonTecno di Bolzano che avevano elaborato i progetti ed il presidente della “Monte Roén S.p.A.” all’epoca guidata dal compianto sindaco di Sarnonico Livio Covi. Al ritorno dal sopralluogo, scrisse il giorno dopo un giornale commentando il sopralluogo, vi era “un notevole ottimismo”.
Pro e Contro, un dibattito durato anni
Ottimismo non generalizzato perché dal mondo ambientalista si avviò la contestazione. Ad esempio nell’aprile 1989 a Fondo il gruppo “Shalon Chico Mendes” organizzò un dibattito sul tema “Salviamo il Roén” con tra i promotori Lorenzo Abram (Fondo) e Adriano Pellegrini (Cavareno).
Sempre in quell’anno dal BIM dell’Adige venne elaborato un progetto plurimiliardario con fondi FIO (Fondo per l’Investimento e l’Occupazione) che oltre agli impianti del Roén puntava al recupero ambientale del monte Peller e del bacino di Santa Giustina.
Il progetto, non condiviso dall’allora Comprensorio valle di Non all’epoca presiduto da Giuseppe Vegher, sindaco di Sanzeno, era invece sostenuto dall’Apt e dal “Consorzio dei Comuni per lo sviluppo turistico del Monte Roen” che aveva sede a Romeno ed era composto dai Comuni di Amblar, Cavareno, Don, Fondo, Malosco, Romeno, Ronzone, Ruffrè e Sarnonico. Consorzio dei Comuni, lo ricordiamo, di cui la “Monte Roén S.p.A.” era un’emanazione, ma dei fondi Fio in val di Non non arrivò neppure una lira.
Arrivò invece un documento del Consiglio generale della SAT che chiese di non creare piste sul Roén anche perché gli acquedotti di vari Comuni attingevano dalla montagna e quindi il rischio inquinamento era serio. Si andò avanti a lungo con le schermaglie tra favorevoli e contrari ed a tal proposito va segnalata una manifestazione in cima promossa da un gruppo di ecologisti nella notte dì Capodanno 1990 per chiederne la tutela.
Nel frattempo il Consorzio dei Comuni dell’Alta valle diede vita ad un’altra società, denominata “Alta val di Non S.p.A.” acquisendone 1’80 per cento del capitale mentre il restante era della Tecnofin e di alcuni privati. La società, ancora presieduta da Livio Covi, si assunse il compito di elaborare il progetto da sottoporre alla Valutazione di Impatto ambientale.
All’interno del Consorzio dei Comuni il consenso non era però unanime tanto che nel gennaio 1998 il sindaco di Cavareno Costantino Pellegrini puntò ad un referendum tra i cittadini per saggiare il loro parere sulla valorizzazione del Roén.
Il referendum si tenne nel giugno 1999, ed andò a vuoto perché si recarono a votare solo 310 elettori pari al 42 per cento. Al di là del risultato rimasero le perplessità di Cavareno.
Il progetto esecutivo e la bocciatura finale
Un passo decisivo si ebbe nel settembre 1998 quando la “Val di Non S.p.A.” (nuova denominazione della Monte Roén S.p.A.) presieduta in quel momento da Marcello Larcher decise di rompere gli indugi e di completare il progetto degli impianti.
Al che gli ambientalisti di Mountain Wilderness e di “Alta Anaunia” risposero con una nuova e più articolata escursione sulla montagna nella notte dell’ultimo dell’anno.
A fine febbraio 1999 la “Alta val di Non S.p.A.” depositò alla VIA Valutazione di impatto ambientale il progetto firmato dal forestale Sergio Rosati come coordinatore, dall’urbanista Fulvio Forrer, dal geologo Marco Cavalieri, dall’esperto della fauna Silvano Mattedi e dall’architetto del paesaggio Paolo Botteon.
Si prevedevano 58 ettari di piste sorrette da cinque impianti di risalita analoghi a quelli del progetto di anni prima ed inserito nel gennaio 1987 nel piano di fabbrica di Amblar.
In quel periodo era in corso una nuova revisione del piano urbanistico e nei documenti preparatori era indicata la presenza di aree sciistiche sul Roén, il che dava speranze ai promotori del progetto di sviluppo. Ben presto però emerse che le speranze erano flebili perché l’assessore provinciale al turismo Marco Benedetti anticipò sull’Alto Adige del 14 giugno 2000 le sue scelte in merito al nuovo Pup.
In esse c’era il collegamento Pinzolo-Campiglio, c’era la val Jumela, ma non era presente il Roén. Al che l’albergatore di Ronzone, Claudio Battisti, invitò a formulare un nuovo progetto che puntasse sullo sci da fondo e sulle passeggiate.
Le previsioni si rivelarono poi esatte: nella variante del Pup la Giunta del presidente Lorenzo Dellai (settembre 2000) cancellò il Roén.
Il Consorzio dei Comuni dell’Alta Valle di Non si oppose alla decisione chiedendo invano alla Provincia “rispetto per la valle e del diritto della sua gente di decidere del proprio futuro”.
Restava in ogni caso da attendere il risultato ufficiale del VIA ma dopo il parere negativo espresso dalla Giunta provinciale, su proposta dell’assessore all’ambiente Iva Berasi, anche il VIA fu negativo.
… Da allora sul Roén sciistico è sceso il sipario.