Gengivostomatite cronica felina
Il gatto può essere colpito da una grave malattia che prende il nome di gengivostomatite cronica felina (FCGS, feline chronic gingivostomatitis). Tale patologia si manifesta con una importante infiammazione della mucosa gengivale ed orale, che si presenta arrossata, gonfia e fortemente dolente. La malattia normalmente evolve in forma cronica, infatti possono passare mesi o anni prima di riscontrarla in occasione di una visita clinica.
A livello istopatologico si caratterizza come una flogosi plasmacitica-linfocitica, ma, a dispetto di questa ben precisa caratterizzazione diagnostica, risulta ancora poco chiara la causa scatenante di tale affezione. Sembrano giocare un ruolo determinante nella genesi della patologia due fattori principali, uno di natura infettiva e uno legato alla risposta immunitaria del singolo soggetto.
In riferimento al primo punto, si è notato che quasi la totalità dei gatti colpiti sono positivi alla presenza del FCV (feline calicivirus), però non tutti i soggetti positivi a tale virus sviluppano poi la malattia. La risposta del singolo animale, invece, è influenzata dal fatto che i gatti ammalati sviluppano una reazione immunitaria anomala verso la placca dentale e presentano un deficit di IgA salivari, che sono degli anticorpi protettivi a livello locale e svolgono un’azione di contrasto alla colonizzazione batterica della bocca. In medicina umana, malattie infiammatorie croniche della bocca, possono presentare un collegamento con la dieta in riferimento a un’intolleranza alimentare, ma in medicina veterinaria non ci sono studi al riguardo.
La presentazione clinica di tala patologia varia in base alla gravità della situazione. Sintomi frequenti sono rappresentati da anoressia, cioè mancanza totale di appetito, difficoltà nella masticazione del cibo secco con preferenza a consumare una dieta morbida, scialorrea, alitosi e perdita di peso. è possibile osservare sanguinamento dalla bocca e il gatto normalmente presenta un mantello trascurato, non riuscendo più a toelettarsi come prima a causa del forte dolore. Durante la visita clinica il veterinario osserva tutte le problematiche appena elencate e definisce il caso clinico nel suo complesso, anche grazie a indagini di diagnostica collaterale come le analisi ematobiochimiche. Tali esami permettono di rilevare la presenza contemporanea di altre malattie, come disturbi renali, epatici o il diabete, oppure di patologie infettive come la leucemia felina o l’immunodeficienza felina.
Grazie all’inquadramento del problema nel suo complesso è possibile definire un piano terapeutico mirato alle esigenze del paziente, per quanto tale malattia sia molto difficile da curare e in alcuni casi frustrante, poiché non sempre si trova una cura definitiva al problema. Esistono diversi approcci terapeutici verso tale patologia, dai più lievi a quelli più invasivi, ma, come dicevamo, nessuno di questi è risolutivo, infatti la risposta alla cura dipende molto da soggetto a soggetto, e alcuni casi vanno trattati a vita.
Oltre a ciò bisogna menzionare la difficoltà nell’eseguire dei trattamenti nella bocca del gatto, condizione aggravata dal fatto che l’animale sente dolore e non si lascia manipolare volentieri.
Le scelte terapeutiche prevedono, in base ai diversi casi clinici, la possibilità di scegliere tra varie terapie mediche, come antibiotici, antinfiammatori e antidolorifici. Gel odontoiatrici a base di clorexidina, non sono facili da applicare per il dolore che prova il gatto e per il gusto normalmente sgradito al felino. Alcuni pazienti reagiscono molto bene alla somministrazione di cortisone ritardo, una formulazione che permette di avere un effetto benefico prolungato nei giorni, ma a lungo termine tale iniezione può causare altre problematiche, che vanno tenute monitorate.
Altri farmaci immunomodulatori, come la ciclosporina, hanno effetti collaterali da tenere ben presenti. Vengono utilizzati anche protocolli a base di interferone felina, una citochina che svolge un’azione antivirale, antiproliferativa e immunomodulatoria. Nelle forme più gravi si arriva anche a valutare l’estrazione di tutti i molari e i premolari e di qualsiasi altro dente affetto da malattia; sembra che tale trattamento invasivo possa guarire fino all’80% delle gengivostomatiti.
Anche la laserterapia può aiutare nel contrastare tale patologia riducendo nel tempo l’infiammazione e svolgendo una buona azione antidolorifica, che si può già vedere dopo la prima seduta. L’applicazione del laser prevede applicazioni brevi di pochi minuti e non necessita di sedazione. I rimedi naturali, come l’omeopatia, la propoli nell’apiterapia, le vitamine e la fitoterapia grazie all’aloe, ci offrono un grande e prezioso aiuto nell’intento di guarire il nostro amico e riportarlo nel pieno benessere.
dott.ssa Federica Bonadiman
Medico veterinario della Clinica Zoolife